“Dimmi come mangi e ti dirò chi sei” recita un celebre aforisma. Ed in effetti per conoscere un popolo, è certamente fondamentale la conoscenza delle sue usanze alimentari. Nel nostro territorio sono racchiusi antichi tesori di sapori, che si tramandano nel tempo, resistendo alle mode e al cambiamento dei costumi alimentari. - Nicola Danti
Ti trovi nel territorio della Valdisieve ed hai un certo languorino? Ti piacerebbe conoscere i piatti tipici del luogo perché non sai cosa ordinare? Niente paura! Ci caleremo dietro le quinte della cucina della Montagna Fiorentina e scopriremo insieme le origini di un menù tradizionale con i fiocchi!
La nostra avventura inizia dalla scoperta delle origini dell’antipasto: insalata calda di fagioli zolfini su crostone al lardo, da dove nasce? La Fett’Unta, madre di tutte le bruschette e crostoni, ha origine dalla tradizione contadina, è infatti un piatto semplice che mira al risparmio: abbrustolendo il pane vecchio lo si rende croccante e nuovamente appetibile. Le fette di pane vengono poi condite con una strisciata d’aglio e abbondante olio. La variante con i fagioli nasce solo successivamente: i braccianti lombardi che scendevano in Toscana per la raccolta delle olive e dell’uva venivano premiati con una mestolata di fagioli servita sopra una fetta di pane abbrustolito. Il fagiolo zolfino, chiamato anche fagiolo del cento perché viene seminato il centesimo giorno dell'anno, è piccolo e tondo, e fino agli anni '80 del secolo scorso lo si poteva trovare solo da pochi agricoltori nella zona collinare intorno a Loro Ciuffenna. Il lardo venne aggiunto alla ricetta in seguito, per arricchire il piatto.
Per descrivere le altre portate c’è solo una parola: unicità. Questi piatti sono unici per i loro sapori, per la loro storia e per i particolari ingredienti utilizzati, che potrete trovare soltanto qui.
Per esempio, avete mai assaggiato il cece rosa? Esso, chiamato anche cecino rosa, è un’antica varietà di Cecio di Reggello che è stata poi soppiantata da quelle moderne, ben più produttive. Il cece rosa da ormai più di cento anni viene coltivato solamente da una famiglia in un podere intorno alla Torre di Castellano ed è rinomato per le sue peculiari caratteristiche; come la sua polpa, talmente soda che, per cuocerlo, necessita di un ammollo di almeno 10 ore. Questo cece è di media grandezza e ricava il suo nome dalla colorazione rosacea che lo contraddistingue, dovuta alle rocce calcaree presenti nel terreno che gli donano un gusto molto delicato. Lo stesso cece, coltivato altrove, avrà un sapore totalmente diverso.
Il cece rosa, abbinato alla famosa “salsiccia matta”, sono gli ingredienti alla base del nostro primo piatto: minestra di ceci rosa e bardiccio. Il bardiccio è un insaccato tipico toscano, in cui aglio e finocchietto si sposano alla perfezione e che è diventato presidio Slow Food, a certificazione del grande valore gastronomico. Questo prodotto nasce dalla tradizione contadina, è composto principalmente dalle rimanenze della carne suina, la seconda scelta scartata dalle produzioni “nobili”, e da carne bovina, che ne ammorbidisce il sapore. Le proporzioni e gli ingredienti secondari possono però variare, infatti la sua peculiarità sta proprio nell’assenza di una ricetta codificata; ogni artigiano cambia le dosi, la miscela, gli aromi, tenendo presenti pochi punti fermi: un’alta percentuale di avanzi di suino e il finocchio.
La pesca “Regina di Londa” è invece l’ingrediente fondamentale del nostro dolce: zuppa di pesche Regine di Londa con crema vaniglia, questa non avrebbe bisogno di molte parole, tanto è famosa. Questa pesca tardiva viene prodotta solo nei mesi di settembre e ottobre, e l’inizio della raccolta è accompagnata da una sagra paesana. La sua origine è sconosciuta, anche se le prime informazioni risalgono agli anni ’50, quando fu portata alla ribalta da Alfredo Leoni di Londa che la scoprì casualmente e se ne innamorò. La sua eccellente fruttificazione e la forte resistenza a un fungo patogeno del pesco le hanno permesso poi una vasta diffusione.
Allora? Che aspettate ad andare a gustare questi favolosi piatti della cucina valdisievese? Se poi voleste accompagnare il pasto da un buon vino, vi consiglio il Chianti che, dal 1984 è un vino DOCG, originario della omonima zona. Il suo nome è stato ricondotto a un’origine etrusca e la sua prima attestazione risale all’VIII, dove appare con il nome Clanti. Questo vino, prima della degustazione, va ossigenato: la bottiglia va aperta qualche ora prima del pasto, e va servito a una temperatura di 16/18°; per valorizzarlo è necessario un calice a tulipano.
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