Tutti i giorni siamo costretti ad effettuare un’operazione di predizione, spesso addirittura più volte al giorno: calcolare il tempo che impiegheremo a prepararci per uscire, il che è logicamente connesso alla scelta dell’orario della sveglia mattutina, alla scelta del momento giusto per fare la doccia, alla scelta dell’orario del treno giusto o di uno dei pochi aerei che in questo periodo sorvolano le nostre teste.
Questa operazione può risultare più o meno semplice a seconda del soggetto che si appresta a compierla, da qui nasce spontanea la suddivisione della popolazione in due categorie: i puntualissimi e i ritardatari cronici (di cui, ahimè, faccio parte anche io). Sembra che questi due gruppi di persone vivano in mondi distinti, con diverse percezioni del tempo, con le lancette dell’orologio che viaggiano a velocità differenti. Due universi inconciliabili e reciprocamente incomprensibili.
Per i ritardatari cronici il ritardo è una specie di maledizione, fa parte della loro personalità, non importa infatti a che ora metteranno la sveglia, o a che ora partiranno, il loro destino è scritto: saranno in ritardo. Diciamo che sono la personificazione del Nardi. Non lo conoscete? Impossibile! A meno che non siate dei fiorentini fasulli o, più banalmente, non fiorentini.
Questo personaggio è divenuto famoso grazie al detto vernacolare “Si fa come i'Nardi che da presto fece tardi.”
Sebbene ci siano due teorie riguardo la storia che ha fatto nascere questo modo di dire, il suo significato è chiaro: si rischia di fare tardi se si indugia troppo.
La prima ipotesi alle spalle di questo detto risale al 1099. In questo caso il Nardi sarebbe stato un comandante delle navi di crociati pisani mandati a conquistare Gerusalemme. Le navi sarebbero però arrivate a operazione conclusa a causa di venti contrari che le avevano trattenute fino all’ultimo in porto.
La seconda teoria, a parer mio più convincente, poiché riportata dallo storico Emanuele Repetti, ci porta nella Firenze del 1470.
La Firenze rinascimentale, culla dell’arte, sotto l’acuta direzione del giovane Lorenzo de’ Medici, il quale pare avesse esiliato il nostro protagonista, Bernardo Nardi, che decise, in risposta, di scatenare una rivolta a Prato il 7 Aprile del 1470. Egli si presentò con 100 uomini armati e riuscì a penetrare nel Palazzo Pretorio e a catturare così Cesare Petrucci, il podestà di Prato. Il Nardi avrebbe voluto impiccarlo per dare un segno alla popolazione che non si era né mossa né schierata, il podestà riuscì però a dissuadere il nostro protagonista e questa esitazione gli fu fatale: alcuni fiorentini residenti a Prato, guidati da Giorgio Ginori, si organizzarono, penetrarono nel Palazzo Pretorio, e sconfissero i 101 ribelli. Il Nardi fu poi consegnato alla giustizia di Firenze e giustiziato due giorni dopo; egli aveva preso e perso il potere su Prato in appena cinque ore.
Che conclusione possiamo allora dare? Non esitare, altrimenti farai tardi! Come fece il Nardi!
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