Dopo un lungo periodo di fermenti politici infiammati dalle ideologie romantiche, il 17 Marzo di 160 anni fa l’Italia si liberò dal giogo delle potenze straniere e Giuseppe Garibaldi consegnò le terre da lui unificate sotto la bandiera tricolore (ispirata dalla Repubblica Cisalpina e dalla bandiera francese) al sovrano del Regno di Sardegna, Vittorio Emanuele II: nacque così il Regno d’Italia.
La nascita del regno non fu però una cosa immediata, anzi, fu frutto di una lunga e sofferta gestazione. Il concetto d’italianità non è sempre stato una costante nella penisola e deve ringraziare prevalentemente l’avvento della radio e della televisione, che, tramite l’utilizzo di un’unica lingua e di una pedagogia nazionale, hanno velocizzato il processo di creazione di notevole difficoltà, come si evince dalle parole di Massimo D’Azeglio: “Abbiamo creato l’Italia, ora bisogna creare gli italiani”. Il popolo dell’Italia appena formata era costituito da un ventaglio di ceti sociali, cosa che possiamo notare ancora oggi: l’Alta Italia e la Toscana, più vicini ai fermenti dell’Europa Centrale di stampo liberalista e progressista, erano costituiti prevalentemente da una borghesia industriale e da un abbandono progressivo delle campagne; il Sud Italia invece, unito sotto la corona del Regno delle Due Sicilie, era tendenzialmente più contadino e conservatore, anche a causa dei sovrani borbonici, storicamente meno progressisti della monarchia asburgica. Questa spaccatura ebbe ripercussioni nei decenni successivi e divenne un problema grave da sanare entro (come si prospettava ottimisticamente) il 2020, cosa che però, non è accaduta.
Ma quando nasce "l'italiano"? Il concetto di appartenenza ad un’unica nazione italica affonda le sue radici più in antichità e precisamente nel periodo dell’impero di Roma. Dopo le tensioni della Guerra Sociale, con la Lex Plautia Papiria dell’89 a.C. e la Lex Roscia del 40 a.C., tutti gli abitanti a sud del Po e la Gallia Cisalpina ottennero la cittadinanza romana, leggi che li resero a tutti gli effetti “romani”. Questo avvenimento influenzerà tutte le vicende politiche degli anni a venire poiché il popolo che abitava sotto la catena delle Alpi per lungo tempo non si riconoscerà nel sovrano e nel regno locale, variabile e lontano dalla vita del contado, ma si identificherà generalmente come “romano” e parlante un nuovo dialetto della lingua latina (lombardo, toscano, siciliano…); lo stesso faranno i popoli invasori come ad esempio i popoli germanici (Longobardi, Goti, Sassoni) che si trasferirono in massa nel Belpaese nell’Alto Medioevo, i quali, una volta uniti culturalmente ed etnicamente agli autoctoni italici, smetteranno di chiamarsi con il loro nome e si definiranno anche loro come “romani”. Bisogna però ammettere e riconoscere che l’identità italiana ha pure portato con sé tragedie immani come la Seconda Guerra Mondiale, fomentata dall’ideologia fascista mussoliniana e da una fantasiosa “pura razza italica” etnicamente non esistente (la penisola è stata abitata da italici, arabi, bizantini, germani e molti altri essendo una regione geografica affacciata sul mare ed aperta ai commercianti stranieri). Nonostante questo, che in parte siamo riusciti a superare (anche se analizzando le vicende politiche di questi anni è evidente una rinascita dei movimenti neo-fascisti e di un serpeggiante ed occulto razzismo), dobbiamo tanto alla nascita del Regno d’Italia, dalla libertà di autogoverno ispirata dallo “stato-nazione” ad un relativo benessere sociale ed economico, che, anche se non siamo i migliori al mondo, ci rende pur sempre l’ottava potenza economica. Il 17 Marzo 1861 nacque l’Italia: grazie Garibaldi.
Emanuele Nesti
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