Nella giornata del 22 dicembre il Senato Accademico dell'Università di Firenze ha approvato all'unanimità la mozione, presentata dalla lista CSX Firenze, per condannare la detenzione illegale ed illegittima di Patrick Zaki e la violazione quotidiana dei diritti umani compiuta dal regime di Al-Sisi.
La vicenda di Patrick Zaki è nota: arrestato il 7 febbraio 2020 all'aeroporto del Cairo con l'accusa di "voler rovesciare il regime al potere" e colpevole di una tesi sull'omosessualità, Zaki è stato condotto in carcere per scopi cautelari (sottoposto a carcerazione preventiva), dal quale non è ancora uscito, subendo il rinnovo ogni 45 giorni della propria detenzione.
La vicenda di Zaki si intreccia con l'Italia in quanto egli era studente all'università di Bologna, dove stata compiendo i suoi studi di genere, era integrato nella comunità studentesca e nel tessuto sociale bolognese, in poche parole, viveva una vita normale interessandosi ed approfondendo ambiti e materie che il regime repressivo di Al-Sisi non può tollerare.
La detenzione degli studenti è da sempre il miglior modo per impedire la nascita e la proliferazione del pensiero critico, distruggere le menti prima ancora che dei corpi è il miglior modo per mettere a tacere le opposizioni, perché se l'autoritarismo ha paura di qualcosa è dell'istruzione, perché una mente educata ed abituata a porsi delle domande è una mente che difficilmente si sottomette o che si lascia ingannare.
La vicenda di Patrick Zaki non poteva lasciare indifferente l'Italia anche per la tragica somiglianza che questa ha con il disumano assassinio di Giulio Regeni, avvenuto nel 2016 per motivi non troppo dissimili da quelli che hanno portato alla detenzione di Zaki: la ricerca della verità, lo studio approfondito, la volontà di sapere, intollerabili ai regimi repressivi.
Si accoglie con soddisfazione la condanna dell'Università di Firenze, ma è impensabile che siano solo le istituzioni universitarie, di sapere e ricerca, a farsi carico della lotta per la liberazione di uno studente: attendiamo con pazienza l'intervento deciso anche del nostro paese e dell'Unione Europea, perché dopo quanto accaduto a Giulio Regeni è semplicemente impensabile rimanere zitti di fronte ad un altro caso collegato, per motivi umani prima ancor che politici, al nostro paese.
E dunque bene che i comuni e le associazioni della società civile si mobilitino, bene che vi siano richiami, bene che vi siano prese di posizione, ma quello al quale non si può rinunciare è l'intervento di chi può davvero aiutare Patrick Zaki e non tollerare l'illegittima detenzione di un ragazzo colpevole di aver approfondito degli studi sgraditi alla dittatura solo perché non di cittadinanza italiana o europea.
Ed è bene che se ne parli, è bene tenerlo sempre a mente ed impegnarsi affinché non trascorrano di nuovo quattro anni, come nel caso delle indagini per scoprire la verità sull'assassinio bestiale di Giulio Regeni, anni persi dietro ai depistaggi e ai tentennamenti egiziani.
Stavolta va chiesto con forza: libertà per Patrick Zaki.
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