Proprio in queste ore giunge la notizia che, nel corso delle proteste contro la riforma delle pensioni in Francia, il provvedimento è stato definitivamente ratificato dopo il via libera del Consiglio Costituzionale.
Negli ultimi giorni gli scontri tra i manifestanti e le forze di polizia si sono progressivamente intensificati; arrivando a toccare livelli di violenza e d’impatto mediatico assai significativi anche per il contesto francese, che è certamente più abituato a simili episodi in virtù del portato che adesso spiegheremo.
Recentemente il Presidente Macron aveva rilasciato alcune dichiarazioni televisive per controbattere le argomentazioni dei critici della riforma, che sostanzialmente causerà un innalzamento dell’età pensionabile per ragioni di bilancio pubblico, suscitando però ulteriori clamori e reazioni negative.
I sindacati hanno indetto nuove agitazioni generali; il che lascia presagire che la situazione non si estinguerà nel brevissimo periodo.
Ma, facendo un passo indietro, potrebbe essere funzionale alla comprensione dei più il chiedersi le motivazioni profonde di questi fenomeni di protesta che spesso vanno a connotare il contesto francese.
La Francia è da sempre un paese particolare, incastonato a metà tra l’Europa meridionale e quella settentrionale e perciò contagiato da abitudini culturali interne assai diverse.
Storicamente i regimi politici francesi hanno sempre mantenuto una certa tendenza alla rigidità, e quando non lo hanno fatto hanno dato origine a situazioni di instabilità politica. Successe, ad esempio, durante la cosiddetta Terza Repubblica; quando il sistema istituzionale del paese risultava configurato in maniera tale da perpetuare l’instabilità di esecutivi via via costretti ad appoggiarsi su larghe coalizioni partitiche pressoché inaffidabili.
Prima del 1789 quella francese era una monarchia assoluta. Era la monarchia del Re Sole Luigi XIV e del cardinale Richelieu, per citare due delle figure più ferree che la storia francese annoveri. Ma anche dopo la Rivoluzione Francese quello che si è instaurato era un impero, retto da Napoleone Bonaparte. Tutti i regimi successivi hanno poi seguito la tendenza alla rigidità ed all’autoritarismo, che si trattasse della monarchia restaurata o del Secondo Impero di Napoleone III. Pochissimi gli esperimenti liberali financo democratici in quei tempi, i quali condussero peraltro ad involuzioni politiche che qui non possiamo ora trattare.
Soltanto in epoca contemporanea, vale a dire dopo la Seconda guerra mondiale, si sono realizzate delle vere e proprie soluzioni liberaldemocratiche; sebbene anche quelle fortemente irrigidite ed accentrate.
Così si giunse all’attuale Quinta Repubblica; col lavoro del generale De Gaulle che impose quella che in gergo viene chiamata “monarchia presidenziale”; ovvero un sistema politico repubblicano, che la politologia e il diritto comparato definiscono semipresidenzialismo a prevalenza presidenziale, dove il Presidente risulta investito di poteri molto ampi e di un’autonomia politica diretta od indiretta alquanto marcata.
Ecco perché il Governo francese, che risponde al Presidente, ha potuto scavalcare il Parlamento. In quel sistema non è certo l’Assemblea legislativa a giocare un ruolo di primo piano, e quando il Governo intende dare priorità ad un certo progetto di legge può far ricorso all’articolo 49 c. 3 al fine di porre una questione di fiducia del tutto peculiare. Infatti è compito dell’opposizione dimostrare che il Governo non gode più della fiducia del Parlamento mediante una mozione di censura che va presentata nelle prime ventiquattro ore. Se questo non avviene o se, come spesso accade, la mozione di censura fallisce, il provvedimento viene adottato senza votazione parlamentare.
Vi sono molti altri meccanismi che avvantaggiano l’azione governativa e presidenziale nel sistema francese; ma a noi interessa capire la relazione che questo ha con le tendenze sociali del paese.
Come abbiamo detto in Francia coabitano culture di matrice composita seppur europea; ma soprattutto vi è da sempre una forte attenzione alle esigenze sociali della popolazione da parte dello stato. Non è un caso che la Francia sia tra i pochissimi paesi in Occidente ad aver invertito in maniera crescente il tasso di andamento demografico.
Questo è stato possibile grazie alle politiche sociali del benessere e dell’assistenza attiva che il sistema francese pone in essere da lungo tempo; un sistema dunque estremamente impostato sull’assistenzialismo. Risulterà dunque pacifico pensare come, in un simile contesto, un aumento dell’età pensionabile faccia scoppiare sconvolgimenti e proteste come quelle alle quali assistiamo ultimamente.
Occorre inoltre ricordare che in Francia si può rilevare un’accentuata polarizzazione dell’arco politico e partitico; difatti, per citare un esempio storico, era quello francese, oltre a quello italiano, uno dei partiti comunisti più influenti in Europa. Allo stesso tempo in Francia è possibile trovare ideologie di destra moderata ed estrema che si scontrano con altre di sinistra radicale ed ancora con alcune più centriste e moderate.
Quale conclusione trarre dunque?
Le proteste prima o poi passeranno, e non debbono destare troppa preoccupazione poiché sono tipicamente afferenti alle dinamiche politiche francesi. Ma bisogna altresì cogliere con chiara evidenza le tensioni sociali che stanno incrementando in virtù di tanti fattori; tensioni che la Francia ha sempre saputo anticipare nonché stigmatizzare, a partire dal 1789 sino ai giorni nostri.
Leonardo Lucchesi
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