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"Assassino"

Cosa vi fa venire in mente il termine “assassino”? Forse quando lo sentite pensate all'omonimo gioco di carte; magari vi viene in mente il celebre videogioco “Assassin's creed”; oppure pensate al film “Assassinio sull'Orient Express” uscito nel 1974 e con un cast stellare fra cui il compianto Sean Connery (ok, forse questo no, tutt'al più pensate al remake del 2017... ma fidatevi, l'originale è meglio). Ad ogni modo, qualunque cosa pensiate, sono sicuro che il termine assassino non vi evoca l'immagine della droga... eppure dovrebbe.


Vi sono infatti varie teorie sull'origine del termine italiano “assassino”; una delle più curiose e celebri vuole che esso derivi dal termine arabo “Hashishiyyun”, ossia letteralmente “coloro che sono dediti all'hashish”.


La storia di questo termine affonda nel Medioevo; già Marco Polo racconta di come un potente leader religioso e politico persiano, Hasan-i-Sabbah, capo della setta religiosa dei Nizariti, dominasse la roccaforte di Alamut nell'odierno Iran. Egli era solito usare i suoi adepti come sicari per uccidere i rivali politici; per questa ragione il nome di assassino divenne presto sinonimo di “omicida”: già Dante lo usa in questa accezione nel 19° canto dell'Inferno (“Io stava come 'l frate che confessa/ lo perfido assessin...” vv. 49-50).


Ora però viene spontaneo chiedersi cosa c'entri l'hashish in questa storia. Bisogna sapere che Hasan-i-Sabbah, anche conosciuto come il “Veglio della montagna”, aveva un metodo particolare per garantirsi la fedeltà dei suoi seguaci. Egli era solito rapire dei giovani e portarli, narcotizzati con l'hashish, nella sua rocca di Alamut, dove questi erano immersi nel lusso, nei banchetti e nei divertimenti, tanto da finire per considerarsi in una sorta di paradiso terrestre. Quando poi il Veglio aveva bisogno di un sicario, intontiva uno dei giovani con la droga e lo portava fuori dalla rocca: una volta svegliatosi, il ragazzo avrebbe fatto qualunque cosa pur di ritornare nel “paradiso”, perfino uccidere degli innocenti.


P.S. Un'altra teoria sostiene che i giovani ad Alamut fossero tenuti in perpetuo stato di trance sotto hashish e venissero privati della droga quando dovevano agire come sicari: il Veglio li ricattava dicendo che avrebbe reso loro la dose solo dopo gli omicidi (in realtà le missioni si rivelavano quasi sempre mortali per il sicario).

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