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Buchette del vino


Come ben sappiamo, grazie al celebre romanzo storico di Manzoni, tra il 1629 e il 1633 l’Italia settentrionale fu scossa da un’epidemia di peste bubbonica. L’anno in cui la curva del contagio raggiunse il picco, come diremmo in termini moderni ( ogni giorno al tg si sente solo questo) fu il 1630. Il Granducato di Toscana, con la sua Firenze, non fu escluso dal contagio. La malattia si trasmetteva per via respiratoria, proprio come il nostro amico corona virus. Nella città di Firenze, si voleva prevenire l’infezione da un lato, ma dall’altro non si voleva nemmeno rinunciare al piacere di un buon vino. Dunque venne escogitata una strategia per acquistarlo in sicurezza. Lungo le strade , facendo molta attenzione e guardandosi intorno, si potevano notare delle piccole finestrelle. Queste si mimetizzavano con il palazzo da cui facevano capolino, era necessario essere bravi a scovarle, un po’ come si faceva con i Pokemon che si nascondevano quando andava di moda il giochino per il telefono “Pokemon go”. Queste piccole finestrelle, dotate di porticina, avevano delle dimensioni di circa 23X36 cm. Erano una sorta di punti vendita localizzati nei palazzi dell’aristocrazia, la quale possedeva tenute e vigneti. Erano finalizzati appositamente alla vendita di vino, così si poteva limitare il contatto e dunque il contagio. Il cliente bussava alla piccola porticina e il servo prendeva il fiasco e il denaro. Nella relazione del Contagio stato in Firenze l’anno 1630 e 1633 , Francesco Rondinelli narra che durante l’epidemia, coloro che vendevano il vino dai propri palazzi ricevevano il pagamento non attraverso contatto con le mani, ma con una paletta di metallo e metteva le monete a bagno nell’aceto per disinfettarle. Il cliente poteva acquistare il vino già infiascato oppure portare il proprio fiasco da riempire. Si eliminava così il servizio degli osti. I nobili venditori, non si sollevavano dal fare un po’ di beneficienza per i più bisognosi . Erano soliti lasciare una piccola porzione di cibo o vino. Queste buchette sorgevano al pian terreno dei palazzi nobiliari, facilmente collegabili alla cantina, ed erano basse, così da non permettere la visione del volto del cliente e si aveva un certo grado di mistero , come se fosse un’attività losca di cui bisogna mantenere il riserbo. A Firenze possiamo contare 170 sportellini del vino, di cui 145 arricchiscono le facciate dei palazzi del centro storico. Alcune buchette purtroppo sono state murate, mentre alcune sono ancora visibili a testimonianza della grande tradizione enologica della città.




Questa situazione in realtà è molto attuale e un ingegno del genere può essere sfruttato e applicato alla Firenze che invece che con la peste si trova a fronteggiare il corona virus che non vuole sapere di levare le tende. Al posto del plexiglass , visiera e mascherine pluristratificate, questa è un’ottima alternativa per un negoziante per ridurre al minimo il contatto con il cliente , senza necessità di indossare dispositivi di protezione per tutta la durata del turno di lavoro e senza ulteriori supporti. Per le persone con gli occhiali pensate che svolta non dover vedere tutto appannato per tutto il giorno. Proprio per questo motivo, alcuni negozianti, hanno avuto la splendida idea di ricercare la chiave della piccola porticina. Durante il lock down la gelateria Vivoli ha aperto le danze. Ha rotto il ghiaccio servendo ai clienti caffè , bibite e gelati da asporto, in un modo completamente sicuro. Subito l’esempio è stato seguito a catena da altri tre esercizi quali Babae in Via santo spirito , Osteria delle Brache in piazza Peruzzi e il Latini in via dei Palchetti.

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