Hai mai espresso un desiderio? Che domande, certamente. Tutti abbiamo dei desideri, tutti aneliamo a qualcosa, a qualcuno. Non importa cosa sia, quanto sia importante, ma già il fatto di volerlo, rende l’oggetto del nostro desiderio qualcosa di speciale. Spesso poi la sensazione di attesa è più bella del raggiungimento dell’obiettivo in sé, come ricordava giustamente la pubblicità di un aperitivo che proiettavano la sera sulla RAI o "Il sabato del villaggio" di Leopardi. Per lui, infatti, il sabato era il giorno migliore della settimana, a differenza della domenica, che era il peggiore, perché è più bello faticare con la prospettiva del riposo, che riposare ma sapere di dover faticare ancora.
Abbiamo mille modi per comunicare, come altrettanti per esprimere desideri. Chiudi gli occhi, lancia la moneta, soffia, sussurra. Il desiderio, oltre a essere intangibile, conserva in sé una sfumatura di magia che lo accompagna fin dai primi tempi della sua nascita, si parla quindi di molti anni fa. L’origine della parola deriva infatti dal latino, l’antica lingua parlata dai Romani, e nasce dall’unione di due parole: il prefisso “de” e il sostantivo “sidus, sideris”. Mentre il significato della seconda parola è intuibile, basti pensare alle molteplici parole di radice simile presenti nella nostra lingua, “stella”, per risalire al significato della prima bisogna aver studiato latino. “De” non è altro che una particella che indica l’allontanamento. Il desiderio, dunque, non è altro che "mancanza delle stelle" .
Mancanza di un punto fisso sopra la nostra testa, che ci dia la certezza che, per quanto distanti saremo, avremo sempre il nostro cielo stellato a cui poterci affidare. Mancanza di luce che ci illumini la strada. Mancanza di volgere lo sguardo verso l’alto e sentirci sollevati, perché non siamo che piccole formiche rispetto all’Universo che ci circonda. E forse è proprio questo a rendere il desiderio così meraviglioso.
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