Il caso di diffusione non consensuale di immagini personali di una studentessa da parte di un altro studente dell’Università di Firenze ci ha turbatx, e ci ha ripresentato una dura verità: quanto spesso i nostri diritti vengono violati e con quale leggerezza la nostra sensibilità viene sminuita.
Esprimiamo solidarietà e sostegno alla compagna: tuttx abbiamo il diritto di sentirci al sicuro, di non doverci guardare sempre le spalle, in università come altrove.
Lo studente, appartenente a una realtà associativa che si dichiara antisessista, ricopre anche il ruolo di rappresentante degli studenti. Non possiamo che condannare l’operato di chi, avuta notizia dell’accaduto, ha avuto come preoccupazione quella di distogliere lo sguardo dalle proprie responsabilità politiche invece che affrontarle seriamente: dobbiamo essere i primi e le prime a rigettare la retorica delle mele marce, riconoscere i problemi sistemici come tali e dare a questi una risposta politica e collettiva.
Non è la prima volta che si manifestano comportamenti sessisti in seno ad altri soggetti di sinistra. Infatti, per quanto vorremmo essere immuni ai meccanismi oppressivi che ci proponiamo di combattere, dobbiamo restare consapevoli di un dato di fatto: della società in cui viviamo abbiamo interiorizzato idee e abitudini patriarcali, la cui violenza si esprime spesso in modo subdolo e invisibile.
Crediamo di conoscere e comprendere le lotte che sosteniamo, ma siamo sempre certx di essere andatx a fondo? Di non aver solo scalfito la superficie?
Non possiamo pensare di aver creato degli spazi totalmente depurati da dinamiche oppressive, semplicemente con una dichiarazione di intenti, ma piuttosto dobbiamo lavorare gradualmente verso spazi in cui la nostra capacità di ascoltarci e difenderci siano affermate. Nel riconoscere la nostra fallacia, puntiamo a spazi safer, in divenire, in cui il primo impegno deve essere quello di migliorare noi stessx.
Fatti come quelli recenti non possono risolversi tracciando una linea tra vittime e colpevoli, ma DEVONO farci interrogare: dove e come si innestano questi comportamenti?
Nelle organizzazioni politiche sopravvive a volte un'estetica machista, che passa facilmente inosservata confondendosi con il percorso rivoluzionario. Conservare aspetti culturali di origine patriarcale come la mascolinità tossica, trasforma un messaggio di potenziale emancipazione collettiva in un messaggio reazionario, perché esclude le altre soggettività dal processo stesso di emancipazione.
La militanza non ci rende esenti, ma può darci gli strumenti per migliorare noi stessx, e poi quello che ci circonda. Come organizzazioni e movimenti che fanno dell’antisessismo e del femminismo i propri valori fondanti, abbiamo il dovere restare vigili, metterci sempre in discussione ed elaborare pratiche che garantiscano la massima inclusione ed orizzontalità.
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