Firenze ospita uno dei ponti più famosi d’Italia.. non siamo modesti, di tutto il mondo. Ai suoi lati si aprono delle piccole botteghe di orafi. Anche gli osservatori meno attenti ne avranno notato le vetrine luccicanti. Fin qui non ho aggiunto nulla di nuovo alla media conoscenza riguardo a Ponte Vecchio. Tutto ciò è risaputo e queste scarse informazioni non vi permetteranno di vincere a “chi vuol essere milionario” . Ma questo bagliore giallo ha sempre illuminato la strada nei giorni di nebbia? Saliamo a bordo della De Lorean gentilmente concessa da Doc e Marty e catapultiamoci nell’anno 1345. Una disastrosa alluvione interessò la città e ciò impose la ricostruzione del ponte. Vennero costruiti dei blocchi ospitati da 43 botteghe. Queste erano profonde otto braccia e davano una rendita di 80 fiorini all’anno. Nel 1442 gli affittuari furono i macellai, o beccai come venivano chiamati all’epoca. Il comune li costrinse a spostarsi lì in modo da evitare che i cattivi odori della loro “vile arte” sfiorassero i nasi raffinati dei patrizi e gli impedissero di gustare a pieno il cappuccino mattiniero . Immaginatevi di uscire di casa alle otto freschi di colazione e di imbattervi in un ventre di maiale sviscerato su una bancarella mentre correte per prendere un posto in aula. Non sarebbe il migliore dei buongiorni, ma di certo batterebbe le immagini glitterate di gattini in una tazza che intasano Facebook . Nell’anno 1495 le botteghe risultavano 4, così, per sfruttare al massimo ogni metro, i nuovi proprietari iniziarono a dividere e ridividere gli spazi. Da un censimento di Cosimo I risalente a quel periodo, risultò che qui vi si trovavano: 3 beccai, 3 pizzicagnoli, 5 calzolai, 2 legnaioli, 2 biadaioli, 1 bicchieraio, 1 merciaio, 1 rivendugliolo e una decina di venditori di generi diversi. Venne menzionata persino un’osteria. Queste attività alquanto insalubri generavano carcasse, rifiuti maleodoranti e brandelli , dunque tale collocazione rappresentava una sorta di ghettizzazione, al fine di rendere più pulite le strade del centro. I macellai e i fruttivendoli potevano gettare in Arno i rifiuti , quindi se ora vi sembra sporco, figuratevi allora!! Se il corso degli eventi si fosse svolto diversamente, avremmo visto foto di turisti con pezzi di carne e ravanelli riaffioranti dall’acqua a fare da sfondo.
Furono proprio questi commercianti a costruire delle botteghe sempre più piccole e sono dunque da considerarsi i creatori di ciò che ha reso famoso Il Ponte. Il Gran Duca Ferdinando I però, da cultore d’arte qual era, non poteva più vedere questo “letamaio” e la folla disordinata di cittadini che si riversava tra odori malsani e sporcizia in uno dei punti più caratteristici della città . Voleva bensì che diventasse “ luogo assai frequentato da gentiluomini e forestieri”. Così, nel settembre 1953 , emanò un decreto ( non li ha inventati Conte!!) con cui ordinava lo sgombero a questi affittuari poco puliti e decorosi e impose che i locali fossero assegnati solo ad orefici, gioiellieri ed argentieri. Dato che il commercio si aprì verso i beni di lusso, iniziò ad attrarre una clientela internazionale e ricercata che considerava Ponte Vecchio il cuore nevralgico di Firenze.
Purtroppo, con lo scoppiare della pandemia, questi artigiani hanno dovuto chiudere i battenti della propria attività lo scorso marzo, e come tutti gli altri comuni mortali ne hanno risentito dal punto di vista economico. Il 18 maggio, con un dpcm gli è stato permesso di riaprire, ma , senza il normale afflusso di turisti, è stato alquanto complicato, dato che essi rappresentano il 90% dei clienti. I commercianti si trovavano a dover sostenere molti costi a fronte delle entrate, considerando che un affitto va dai 7 ai 15 mila euro al mese in base a disposizione e grandezza del negozio. Dato che la situazione rispecchia quella della prima ondata del virus, le povere botteghe stanno tuttora vivendo un periodo molto buio. La speranza è che un eventuale nuovo lockdown non porti alla scomparsa di questa attività ricca di storia e tradizione.
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