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Immagine del redattoreTommaso Massai

Dante era anche un farmacista

Il titolo può sembrare quello di uno dei soliti articoli acchiappa-click, che aprono col titolone sconvolgente per poi dire tutto il contrario al loro interno. Ebbene, il sommo poeta fiorentino durante la sua vita ha lasciato tracce di sè in campi ben diversi oltre a quello letterario. Se infatti l'immenso successo della sua Commedia avvenne solo anni dopo la sua morte (grazie anche ai trattati di Boccaccio, che la denominò "Divina"), durante la sua vita partecipò attivamente alla turbolenta vita politica di Firenze. Per ricoprire però degli incarichi governativi secondo le regole politiche della città era necessario appartenere ad una delle Arti Fiorentine. Fu così che Dante s'iscrisse all'Arte dei Medici e degli Speziali (i farmacisti di allora), iniziando quindi ad appassionarsi alla medicina, alle malattie e alle loro possibili cure.


Dante infatti amava la cultura in generale, non aveva problemi a trattarla in ogni suo ambito e all'interno di questa corporazione trovò un ambiente pieno di studiosi coi quali si confrontava sempre ben volentieri. Non è un caso che nel XXIX Canto infernale, i Falsari, nella decima bolgia dell'ottavo cerchio, vengano puniti con varie malattie tutte diverse tra loro, come Lebbra, Rabbia, Scabbia, Febbre. Il realismo crudo e quasi atroce con cui Dante descrive queste malattie è manifesto della sua conoscenza scientifica. Si ha addirittura la menzione della teoria dei miasmi (particelle che si attaccavano in aria con gli odori, principalmente di sostanze organiche in cia di putrefazione, e si attaccavano all'uomo facendo diffondere queste malattie).

Nel Medioevo la visione delle malattie come "punizione divina" era molto diffusa. Sebbene quindi l'iscrizione all'arte di per sè era più un atto dovuto alla politica che all'effettiva conoscenza, Dante dimostra la sua particolare attenzione per la medicina nelle sue opere. Non è un caso che venisse spesso chiamato "maestro" (termine specifico per i medici di allora) e soprattutto che venisse raffigurato anche nelle opere artistiche con il "locco rosso", l'abito rosso che indossavano proprio i membri degli Speziali.



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