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Immagine del redattoreVittoria Giaganini

Il Dante aspro che pochi conoscono

Aggiornamento: 29 mar 2021

Quando pensiamo a Dante Alighieri ci vengono subito in mente un naso aquilino e una giubba rossa, mentre alcune parole ed altrettanti ermetici concetti ritornano a galla dal fondo della nostra memoria: commedia, guelfi e ghibellini, Beatrice, lingua volgare.

Se la nostra memoria fosse Google, questi sarebbero dunque i primi risultati.

Ma se scorressimo un po’ tra le altre centinaia di pagine vedremmo che la figura del Sommo Poeta non è “soltanto” legata alla nostra bellissima lingua o alle poesie d’amore: c’è molto di più.

Oggi infatti vorrei parlarvi del Dante meno conosciuto, quello polemico e crudele che si scontra coi coetanei a colpi di rime, e quello heartbroken che dipinge la donna amata come una roccia fredda e insensibile.


TENZONE: le rap battles tra poeti nell’Italia dei comuni.

Secoli prima delle frecciatine su Twitter e dei dissing tra celebrities che ci riempiono il feed ogni giorno, le personalità di spicco di una determinata comunità erano solite attaccarsi a vicenda a suon di rime in eventi pubblici, nelle piazze cittadine. Questa tradizione si è affermata tra XV e XVI secolo in Italia, di pari passo con la canonizzazione del genere della tenzone, un gruppo di sonetti “botta e risposta” tra due poeti avversari, i quali iniziavano questi litigi un po’ per ragioni pratiche, ad esempio per contendersi l’attenzione di un mecenate a corte, e un po’ per pura vanità e voglia di sfoggiare le proprie arguzie linguistiche.


Dante, come sappiamo, ha vissuto prima di questa epoca dunque viene considerato uno dei precursori del genere della tenzone italiana grazie allo scambio di sonetti coloriti e polemici volti a colpire il cognato Forese Donati. E se credete che il Sommo Poeta fosse sempre stato delicato con le parole, vi sbagliate di grosso: Dante accusa il suo avversario di rubare, di peccare di gola e (attenzione!) di non saperci fare a letto con le donne. Il sonetto di apertura di questa tenzone riguarda infatti la “malfatata” moglie di Donati che soffre continuamente di freddo a causa della coperta troppo corta con cui dorme la notte…

No, non è la coperta ad essere troppo corta.

Come nelle tenzoni successive, le (esilaranti) allusioni sessuali sono i mezzi principali con cui i poeti si attaccano a vicenda.


"(..)Di mezzo agosto la truovi infreddata;
or sappi che de’ far d’ogni altro mese!
E non le val perché dorma calzata,
merzé del copertoio c’ha cortonese.

La tosse, ’l freddo e l’altra mala voglia
non l’addovien per omor ch’abbia vecchi,
ma per difetto ch’ella sente al nido."


LE RIME PETROSE: altro che tanto gentil' e tanto oneste

Negli anni ‘90 del XIV secolo, subito dopo la scrittura della Vita Nova, Le Rime Petrose rifiutano la figura della Donna-Angelo e la sostituiscono con quella della Donna-Pietra, tanto fredda e dura quanto il linguaggio utilizzato da Dante all’interno di questa raccolta di canzoni. Le allitterazioni della "r" e della "t", insieme ad altri effetti sonori cupi, si trovano in ogni verso.

In queste liriche la figura femminile scende dal suo piedistallo celeste e si materializza in qualcosa di insensibile e crudele; non lascia a nessuno la possibilità di ferirla, nemmeno a Cupido, ed è lei la prima a ferire, di conseguenza in quest'opera Dante descrive le pene amorose come puro dolore fisico dal quale nessuno può sottrarsi. Come vediamo nella canzone "Così nel mio parlar voglio esser aspro" non c’è nessuna idealizzazione: questa Donna-Pietra ricorda molto di più la femme fatale di Keats e di Tarchetti piuttosto che la Francesca compatita nell’Inferno o la gentile Beatrice che ovunque passi strappa sospiri.


"(...) non esce di faretra
saetta che già mai la colga ignuda;
ed ella ancide, e non val ch’om si chiuda
né si dilunghi da’ colpi mortali,
che, com’avesser ali,
giungono altrui e spezzan ciascun’arme:
sì ch’io non so da lei né posso atarme."


Sempre in questa canzone, ai versi 53-58 la sofferenza del poeta, paragonata ai duri colpi di spada durante un duello, si tramuta in odio, gelosia e desiderio di vendetta. Qui Dante vorrebbe vedere Amore ferire la donna amata proprio come questi ha fatto con lui e, giusto per aggiungere qualche sincera invettiva contro di essa, la Donna-Pietra è definita un'assassina crudele ed una ladra, contro il cui sadismo il poeta può difendersi soltanto grazie a questa stessa poesia. La forza della parola è l'arma che salva Dante Alighieri da ogni offesa e sofferenza.


"Così vedess’io lui fender per mezzo
lo core a la crudele che ‘l mio squatra;
poi non mi sarebb’atra
la morte, ov’io per sua bellezza corro:
ché tanto dà nel sol quanto nel rezzo
questa scherana micidiale e latra."






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