Dovremmo imparare a parlare con gli occhi. Ma forse lo stiamo già iniziando a fare. Eh, sì: è difficile comunicare quando si ha la maggior parte del volto coperto da una maschera. A volte sembra quasi di vivere in un film, quando indossi la maschera nessuno più ti riconosce: hai cambiato identità.
È allora che entra in gioco il linguaggio oculare; è tutta questione di una pupilla più o meno dilatata, di sguardi che si incrociano, di sopracciglia che si sollevano e di sorrisi, perché è proprio vero che si può sorridere anche con gli occhi, fateci caso. L’altro giorno ho potuto assistere a una di queste conversazioni tra occhi.
C’era un signore anziano alla stazione di Firenze, doveva scendere i numerosi scalini per arrivare alla tramvia, la valigia nella mano destra troppo pesante. La mano sinistra viene in aiuto, ma... niente da fare. Decide che trascinerà la valigia fino in fondo alle scale. Intanto la scia di pendolari esce per fare lo stesso percorso dell’anziano. Escono in massa, qualcuno gli lancia un’occhiata e in meno di un minuto sono in fondo alla scalinata. Poi arriva un bambino delle elementari, grembiule blu, zaino dei Pokemon, biglietto della tramvia in mano. Si ferma. Lo guarda, dritto negli occhi. E quel suo sguardo parla: “Vorrei poterti aiutare”. Vorrei…condizionale. “Vorrei, ma non posso, sai la mamma non vuole, il Covid, il distanziamento…”.
Il bambino, continua a fare le scale con il signore, che nel frattempo si era avviato, guardandolo sempre, ma mantenendo le distanze. Gli occhi dell’anziano rispondono “Capisco”. Non chiede aiuto, abbassa lo sguardo e continua la faticosa discesa pesante.
E come si può non capire? Con questo maledetto virus abbiamo ribaltato i nostri valori, le nostre priorità, pure nelle scuole adesso insegniamo l’individualismo: state distanti, non prestate giochi, non scambiate merende.
Tutto ciò che è unione è diventato sbagliato, tutto ciò che è condivisione è da bandire.
Non è più nemmeno possibile parlare: con la distanza e il volto coperto la comunicazione è diventata davvero difficile. Perfino mio nonno, che è mezzo sordo, prima poteva dire di sentirci alla perfezione.
Eppure l’uomo senza il linguaggio non è che un animale al pari degli altri.
Per questo dovremmo inventare un nuovo modo di comunicare, uno universale, che non abbia bisogno delle vie aeree coperte dal muro insormontabile della mascherina.
Gli occhi. Gli occhi sono il mezzo migliore: più sinceri e profondi di ogni parola, più diretti, più funzionali, contagianti in un modo che non ha niente a che vedere con la pandemia.
Dovremmo proprio iniziare a scrivere un dizionario oculare.
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