Qual è il confine tra morale e amorale, tra giusto e sbagliato? È qualcosa di evidente, oppure una linea sottile, quasi invisibile, che divide il mondo in due facce? Da una parte ci sono la cultura, il buonsenso, l'empatia, dall'altra l'ignoranza, la malvagità e l'egoismo?
Da che parte della medaglia stanno l'Alabama, Kaczynski e Andrea Leonesi?
Iniziamo dalla prima di queste tre, potenti, voci.
Alabama, anno 2019-2020, approvata la legge sulla castrazione chimica: da ora in poi i pedofili assumeranno farmaci (a loro spese) che ridurranno la loro produzione di ormoni, con conseguente perdita di impulsi sessuali. Se accettano di sottoporsi a questa “cura” potranno tornare in libertà, altrimenti... gattabuia. Sweet home Alabama!
Forse in Alabama non hanno però considerato un piccolo particolare: chi abusa, non abusa solo sessualmente. Abusi verbali, fisici, violenti, psicologici eccetera eccetera. Anzi, spesso il bambino che riceve abusi diventa un adulto che a sua volta ne produce. Questo dimostra che il pedofilo non è soltanto un deviato sessuale, ma una persona con problemi seri, psichici, che ha bisogno di aiuto. Buttarlo in carcere serve a qualcosa? Beh, considerando uno dei fenomeni più comuni nelle carceri, dubito che essere stuprato da un compagno di cella insegni molto ad un pedofilo che ha precedentemente fatto lo stesso a dei bambini.
Per qualcuno, invece, questa è la soluzione ottimale: sei un pedofilo? Devi essere punito, nient'altro; venerano il motto “occhio per occhio, dente per dente”, e, se stupri, allora devi essere stuprato, se uccidi devi essere ucciso, se rubi devi essere derubato.
Ironico, come l'Alabama promuova la castrazione chimica a fianco dell'incesto, ma allo stesso tempo mantenga illegale il diritto all'aborto.
La questione al riguardo è controversa dappertutto, anche in Italia. Ricordate quando fanpage andò ad intervistare manifestanti di estrema destra ponendo domande riguardanti pena di morte, tortura e aborto? Vi rinfresco la memoria:
“Lei è favorevole all'applicazione della tortura, nei casi in cui è più necessaria?” chiede il giornalista.
“Sì, sì. È giusto: mostrare durezza funziona. Se li lasci senza acqua e senza cibo per qualche mese, vedrai come smettono!” risponde una bella signora sulla cinquantina.
“Eh, certo che smettono, sono morti.” ribatte il giornalista.
“Ecco! Quello che si meritano”
“Quindi” di nuovo il giornalista “è favorevole anche alla pena di morte?”
“Certo.”
“E all'aborto?”
“No, ovviamente no. Nessuno ci dà il diritto di decidere per un'altra vita.”
Evviva la coerenza.
Tutto questo discorso per arrivare al punto che nell'ultimo periodo è relativamente centrale nella discussione internazionale su più punti di vista: etico, giuridico e politico.
Ecco che ritorna la doppia faccia della medaglia: è giusto impedire lo sviluppo di una vita umana, stroncandolo sul nascere? Si può parlare di omicidio, in questo caso? E, dall'altro lato, è giusto privare le donne di un diritto inalienabile, cioè il pieno potere decisionale sul proprio corpo e la propria vita?
Polonia, autunno 2020. Donne di tutte le età scendono in piazza, cartelli alla mano, voci pronte a gridare, forti proprio perché unite da un obiettivo comune. Tra loro ci sono anche moltissimi uomini. Si protesta perché in Polonia la legge sull'aborto è sempre stata soffocante, e se prima si era riusciti ad ottenere una, seppur minima, conquista, adesso anche quella è stata negata: le uniche circostanze in cui ad una donna è concesso abortire, è se ne va di mezzo la sua salute, o se è vittima di uno stupro. Non è più consentito abortire nemmeno in caso di feto malformato.
Il motivo di tale revisione è dovuto al partito ultraconservatore che al momento è a capo della Polonia, guidato dal signor Kaczynski, un uomo dal nome tanto impronunciabile quanto lo sono le cose che dice, così ridicole che ci si chiede se le abbia dette davvero lui o il cavallo che avrebbe potuto benissimo nominar senatore. Come quella che “le donne prendono d'assalto le chiese!”. Ah, che maledette meretrici, che vomitevoli eretiche, che streghe pestilenziali, queste donne! Ora hanno anche il coraggio di pretendere la libertà sul proprio corpo!
Tre tra le donne manifestanti vengono mandate a processo con l'accusa di “offendere i sentimenti religiosi”. Forse hanno tirato qualche bestemmia nella foga e nella rabbia della manifestazione. Ma come biasimarle, con un tipo del genere al governo?
Ovviamente in piazza si lotta per le dimissioni di tal Kaczynski. Poi, come si sa, una cosa tira l'altra, e dalla semplice ribellione alla legge soffocante contro l'aborto, si lotta ora per uno stato laico, per i diritti LGBTQ+, per l'ambiente, e chi più ne ha più ne metta. L'80% tra le donne, gli oppositori e addirittura il PiS (“diritto e giustizia”: partito di destra di ispirazione conservatrice clericale) chiedono adesso le dimissioni di Kaczynski.
E poi... attenzione! All'improvviso ecco che arriva lui: il memorabile. Don Andrea Leonesi, prete di Macerata, un uomo indubbiamente coraggioso ma dalla dubbia intelligenza, ritiene di avere voce in capitolo, e durante un'omelia, dove dovrebbe inneggiare alla bontà del Signore, al rispetto, alla fratellanza e all'amore, decide di distaccarsi un po' dalla religione ed entrare nell'ambito politico.
Ha sicuramente perso l'occasione per stare zitto, ma ormai che ha parlato, tanto vale sentire cosa ha da dire. Ed ecco il monologo da premio Nobel: “mi verrebbe da dire una cosa...” inizia. Sospiri di suspense, aneliti di commozione. “...ma scandalizzerei mezzo mondo.”
Ci pensa un po' su, ma nemmeno più di tanto. Poi continua: “l'aborto è il più grave degli scempi. Ma è più grave l'aborto o un atto di pedofilia? Ciò non vuol dire che un atto di pedofilia non sia una cosa gravissima. Ma cosa è più grave?”
Un anno prima, il reverendo del Rhode Island, Richard Bucci, aveva detto che “la pedofilia non uccide nessuno, l'aborto sì” e che “il numero di bambini abusati è inferiore a quello degli aborti”.
Non fa una piega, no?
Leonesi continua: “il problema di fondo è che siamo impantanati in una certa mentalità. Noi dobbiamo tornare indietro. […] Le mogli devono essere sottomesse ai mariti. E sono anche fortunate. Non devono faticare per amare e lavorare”.
Ci si domanda se il parroco non sia in realtà un viaggiatore del tempo proveniente dal passato più remoto. Ma no, questa sarebbe solo una giustificazione per le sue idee retrograde e malsane, e non ho intenzione di concedergli neppure un briciolo di comprensione, neppure un briciolo di tolleranza, neppure un briciolo di rispetto. Un uomo per cui un diritto è peggio di un reato, un uomo per cui il progresso è peggio del regresso, un uomo per cui la libertà è peggio dell'abuso è un uomo che non si merita niente. Fa schifo e basta.
Ecco qui le vostre medaglie. Da una parte ci sono Leonesi e Bucci, dall'altra ci sono io, ognuno di noi estremo nella sua idea. Da una parte ci sono donne e uomini polacchi, dall'altra c'è Kaczynski. Da una parte c'è il giornalista di fanpage, dall'altra la donna favorevole alla tortura.
Io non voglio indottrinare nessuno. Non voglio imporre la mia idea, anche se a volte lo desidero così tanto che poi finisco per passare dalla parte del torto. Non nego la libertà di scelta, come fanno Kaczynski, Leonesi e Bucci.
Voglio che la gente sia libera di camminare sulla cordicella della medaglia, e, una volta arrivata al ciondolo, di decidere da quale parte è meglio per sé dirigersi.
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