Ho da pochissime ore finito di leggere un libro, scritto da Paolo Valentino, che si intitola “L’Età di
Merkel”; e che a mio avviso è uno dei saggi più belli ed analitici mai scritti sull’epoca contemporanea del
nostro continente.
Difatti l’era che ha visto Angela Merkel in carica come Cancelliera ha coperto sedici anni consecutivi di
storia recente, inclusa la totalità degli anni Dieci di questo nostro secolo.
Ma come si può riassumere? Con quale principio?
Kohl ha avuto la Riunificazione, prima v’è stata la cosiddetta Ostpolitik; ma adesso quale lascito ci
rimane?
Una domanda a cui è molto difficile rispondere. Se toccasse a me, alla luce di quanto ho potuto leggere
nel libro che menzionavo e considerando poi quanto ho visto in questi anni, probabilmente risponderei
con una formula come “pragmatismo merkeliano”.
In breve; ciò che si evince è che Angela Merkel risulta fortemente influenzata dai contesti nei quali si è
formata, che sono principalmente due: la religione e cultura protestante nonché la società repressa della
Germania Est.
Appare difatti eclatante, ed allo stesso modo quasi curioso, notare come, a torto od a ragione, molte azioni
e molti provvedimenti diretti ad avvantaggiare o svantaggiare altri attori od altri fattori siano stati presi
sulla base di una sorta di distinzione basata sull’essere “peccatori” o “retti”; ed ancora sul constatare se il
“peccatore” avesse o meno dimostrato la volontà di redimersi.
Questa visione ha trovato applicazione durante la crisi greca, ma anche in molti altri casi. C’è da
aggiungere il fatto che Merkel ha un’istruzione ed una formazione professionale di tipo scientifico
accademico; ed è dunque abituata a ragionare secondo un’impostazione altamente razionalista e
pragmatica che la porta a scomporre i problemi e risolverli, quasi alla maniera cartesiana.
Il risultato? Totale assenza di visioni politiche, ma rigorosa gestione delle esigenze che via via emergono
a livello quotidiano. L’era della Merkel è stata dunque il periodo storico nel quale uno dei principali attori
europei ha rinunciato a perseguire strategie di lungo periodo nel nome di un approccio di gestione
perpetuato in base alla bisogna del momento.
Poteva anche andar bene, fin quando c’era Merkel. Ma ora si è verificato il cambio di passo, e i ruoli non
sono più gli stessi.
Chi assumerà un ruolo di primo piano nello scacchiere europeo?
Macron è bloccato da un esito storpiato delle recenti elezioni e l’Italia sta per andare al voto senza sapere
bene con quali forze politiche riuscirà a governarsi nei tempi difficili che ci aspettano. Il tutto mentre
l’America torna alla ribalta ma senza essere più l’alleato affidabile di un tempo e coi grandi paesi
autoritari, leggi Russia e Cina, che premono per fare il loro ingresso nella storia del mondo. Senza parlare
della funzione intermedia di notevole importanza giocata dai paesi arabi ed africani.
Merkel, cresciuta oltre cortina, sapeva interloquire coi russi perché alla fine proveniva dal mondo che loro
stessi avevano forgiato. Ma adesso i paradigmi internazionali stanno cambiando; e se l’Europa non saprà
darsi una nuova identità forte così come un ruolo attivo all’estero al di là di buonismi e dichiarazioni che
non si traducono in fatti concreti resterà con in mano un flebile pugno di mosche.
Il tempo per agire è poco, e le condizioni per usarlo bene si stanno rapidamente esaurendo.
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