Dal greco etymos, “vero” e logos, “studio”, l’etimologia è la scienza che studia l’origine delle parole. Se nell’italiano di oggi molti termini hanno una provenienza chiara, avviene talvolta che certe etimologie provengano invece da storielle simpatiche e inaspettate. Noi di UniFichiamoci abbiamo deciso di raccontarvi una di queste storie ogni giorno fino a Natale, come una sorta di calendario dell’Avvento etimologico. La parola di oggi è: cielo.
Un velo azzurro che giace sopra le nostre teste. Un manto oceanico che si agghinda di nuvole multiformi e che si fa bello di sera, al tramonto, regalando scenari dai colori camaleontici. Uno sguardo talvolta plumbeo, investito da nubi dense e piovose, altre volte pallido ma luminoso, ricco di neve. Il cielo, con le sue sfumature, è in grado di emozionarci ed emozionarsi. Alto, distante eppur vicino. Per descriverlo, ho usato un po’ di metafore e qualche aggettivo. Ma se volessimo individuare il significato più “scientifico” e curiosare tra le origini del termine? Andiamo a vedere la sua etimologia!
Due sono le forme, entrambe latine, (sebbene la seconda sia la meno accreditata per spiegare l’origine del termine) con cui veniva chiamato il “cielo”: coelum e caelum. La prima sembrerebbe essere correlata al greco κοῖλος (koilos), cioè cavo, incavato, rifacendosi alla radice indoeuropea ku-, con il senso di essere concavo (di fatto significato molto simile all’espressione volta celeste). Tante sono le sue varianti: κύτος (kýtos) era il vaso di terracotta panciuto, rotondo, e il verbo, derivante dalla stessa radice, κύω (kýo), significava «aspetto un bambino»; con Χαῦνος (chaûnos) si intendeva «soffice», non nel senso della seta o del velluto, ma di ciò che è così morbido da ispirare sensualità, come le forme di una donna. O di una nuvola. La seconda forma, invece, si originerebbe dal verbo latino caedere, tagliare, in quanto gli astrologi erano soliti “tagliare”, o meglio, suddividere il cielo in varie regioni.
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