Dal greco etymos, "vero" e logos, "studio", l'etimologia è la scienza che studia l'origine delle parole. Se nell'italiano di oggi molti termini hanno una provenienza chiara, avviene talvolta che certe etimologie provengano invece da storielle simpatiche e inaspettate. Noi di UniFichiamoci abbiamo deciso di raccontarvi una di queste storie ogni giorno fino a Natale, come una sorta di calendario dell'Avvento etimologico.
La parola di oggi è “follia”!
La parola Follia deriva dal latino "follis" che sta ad indicare il mantice, il soffietto, ma anche il pallone pieno d’aria. Nella bassa latinità il termine “follis” venne sostituito da “fatuus” ed usato metaforicamente per designare “un uomo con la testa vuota di senno”. Nonostante si sia soliti considerare la follia come sinonimo di pazzia, è importante sottolineare che il significato che gli è stato attribuito ha subito diverse variazioni a seconda dei momenti storici, della cultura, delle convenzioni sociali e tutto questo ci ha indotti a considerare folle anche qualcosa o qualcuno che prima era definito normale e viceversa. Ecco quindi che la follia si presenta come un concetto estremamente dinamico.
Nel mondo classico la follia era legata alla sfera sacra: il folle rappresentava la voce del divino da ascoltare e interpretare.
Nel Medioevo invece, il folle diventa il rappresentante del demonio, colui che deve essere liberato dal male.
Un’interpretazione opposta si ha nel Rinascimento, quando il folle inizia ad essere considerato una persona diversa, sia per i valori che per la sua filosofia di vita, una persona che, secondo questa prospettiva, va rispettata come tutte le altre.
Con l’ottocento l’immagine del folle invece assume connotati negativi: colui che è folle è lesionato nel cervello. Oggigiorno il termine follia viene utilizzato nei contesti più disparati ed abusarne, come avviene per esempio nel gergo giovanile, distoglie dalla sua accezione prettamente negativa.
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