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Immagine del redattoreIlaria Galluccio

Femminicidio e maschicidio, quando la violenza non ha genere

Aggiornamento: 13 gen 2021


Il termine “genere” è stato introdotto per la prima volta nel 1955 dal sessuologo John Money.

La diffusione è avvenuta solamente durante gli anni 70 grazie all’intervento delle femministe.

Il termine “genere” è influenzato da fattori sociali e culturali radicati in noi ma che possono mutare nel corso del tempo con l’esperienza.

La Convenzione di Istanbul nel 2011 ha definito come il termine “genere” sia l’insieme di ruoli, comportamenti, attività sociali che contribuiscono alla costruzione di un’identità.

Spesso il termine “genere” viene stereotipato da una società arcaica e patriarcale, dove la figura della donna viene percepita come debole e bisognosa di cure e attenzioni, incapace di essere indipendente ma abbastanza brava nelle faccende domestiche e nella cura della prole;

Mentre invece la figura maschile viene costruita come colui che ha il compito di garantire una situazione economica adeguata alle aspettative della famiglia e soprattutto della società oltre che come l’unico partner nella coppia a dover prendere le decisioni importanti.

Questo è il quadro sociale in cui sfocia la nostra società, ancora oggi nel 2020.


Quasi da sempre accanto al concetto di genere viene inserita la parola “violenza”.


Sono diversi i tipi di violenza:


violenza fisica: è la forma di violenza più riconoscibile in quanto visibile dalla società.

Le azioni violente che spesso le vittime sono costrette a subire comprendono: calci,pugni,rottura di oggetti sul corpo della vittima come forma di intimidazione, privazione del soggetto delle cure mediche causate da armi da fuoco o da tagli o anche la costrizione di avere rapporti sessuali non graditi.

Si è vittime di stupro anche se il partner costringe il compagno o la compagna ad avere rapporti non protetti o ad abortire: quest’ultima forma è conosciuta come coercizione riproduttiva.

-violenza emotiva: causata da insulti persistenti, umiliazioni che nel tempo possono preannunciare ferite profonde come voragini.

Inizialmente, questo tipo di violenza non viene percepita dalla vittima, perché spesso è considerata come una descrizione generale dei difetti caratteriali che devono essere corretti nel corso del tempo.


-violenza psicologica: è l’insieme delle intimidazioni e minacce;

A differenza dell’abuso emotivo, l’aggressione psicologica ha come strumento la paura, compromettendo la percezione di sicurezza che la vittima ha di sé e gli altri.

Alcuni esempi:

-proibire alla vittima di uscire con i propri amici;

-controllare ripetutamente gli spostamenti quotidiani;

-abusare della privacy, leggendo i messaggi sui social network;

-sminuire la persona sessualmente.


-violenza economica: tra i diversi tipi di violenza elencati, l’abuso economico è forse il meno conosciuto.

Parliamo di abuso economico quando il partner proibisce l’inizio o la continuazione della carriera lavorativa.

Questo tipo di violenza è molto comune all’interno delle famiglie dove solo uno dei due coniugi lavora. La vittima, in queste situazioni è in balìa dell’abusante.

Spesso l’oppressore si rifiuta di fornire soldi al partner anche per acquistare beni di prima necessità.

L’abuso economico si collega con la violenza psicologica il cui obiettivo è quello di far credere alla vittima di non aver alcun tipo di valore sulla propria persona.

-stalking: forma di violenza in cui il soggetto è pedinato, minacciato attraverso telefonate o messaggi insistenti.


-violenza assistita: qualsiasi abuso a cui assistono come testimoni i bambini della coppia.


È molto probabile che le vittime di abusi o violenze non riconoscano i segnali negativi in un rapporto di coppia.

L’aiuto deve arrivare da amici o familiari di cui il soggetto ha un legame di fiducia e soprattutto da una corretta propaganda e diffusione mediatica da parte della società.

Solo grazie alla comunicazione le vittime si sentiranno ascoltate e capite.


Dal punto di vista comunicativo bisogna stare attenti a come le informazioni mediatiche vengono divulgate.


Si parla di asimmetria della violenza di genere:


1. Oscuramento scientifico: avviene mediante il blocco di notizie e articoli riguardo la violenza sulle donne e sugli uomini, prevenire l’assegnazione di fondi sulle ricerche e associazioni che si occupano delle vittime dei soprusi.


2. Manipolazione dei Mass-Media: le notizie mediatiche utilizzano il metodo della copertura di alcuni casi di omicidio sugli uomini, facendo si che siano rari rispetto ai casi di femminicidio.

Un giornalista, Marc Angelucci, chiarisce il problema: “le notizie su abusatrici femminili e vittime di sesso maschile non sono politicamente scorrette ma, soprattutto non vendono”.


3. Mancata percezione della simmetria:

- secondo la società le donne sono ferite molto di più rispetto agli uomini, perciò l’empatia del pubblico porta i mass-media all’interesse di queste notizie.

-gran parte delle culture definisce la donna come “il gentil sesso”, spesso è difficile diffondere informazioni in cui è la donna l’oppressore e l’uomo l’oppresso.

- la ricerca scientifica in passato è stata commissionata a dei sociologi, i quali sono attratti solamente dai cambiamenti della società, piuttosto che dal cambiamento dei rapporti all’interno di una coppia.

In questo modo i sociologi tendono a vedere la donna come vittima del patriarcato, senza riconoscere che tali problematiche sono frutto di stereotipi in cui la popolazione è riversa.


Esistono diverse associazioni che si occupano delle vittime di maltrattamento da parte del loro aguzzino.


Ankyra: centro antiviolenza di Milano, attivo già dal 2013, è rivolto a tutte le vittime di violenza domestica a prescindere dal genere di appartenenza, consolidandosi sul territorio nazionale e scontrandosi con l’esistenza di slogan inadeguati, privi dell’interesse verso l’equità di genere bensì denigratori nei confronti dell’uomo.


Ankyra riconosce il movimento femminista degli anni settanta e ottanta promuovendo anche la necessità di fare in modo che lo Stato si impegni per una parità di genere sul lavoro e sulla retribuzione.

In Inghilterra, invece, il governo inglese ha recentemente aggiornato la definizione di abuso e violenza domestica:


“Any incident or pattern of incidents of controlling, coercive or threatening behaviour, violence or abuse between those aged 16 or over who are or have been intimate partners regardless of gender or sexuality.

This can encompass, but is not limited to, the following types of abuse: psychological, physical, sexual, financial,emotional.”


Si parla spesso di violenza sulle donne con manifestazioni, iniziative, slogan pubblicitari, programmi televisivi ogni 25 novembre.

Eppure accanto a questo tipo di abuso risiede una violenza più taciuta, è la violenza sugli uomini da parte delle donne.

È molto difficile trovare dati che trattano il fenomeno.

Del caso, in Italia,si è interessata l’università di Siena già dal 2012.

In Inghilterra, invece, il problema è stato studiato a partire dal 2005.

Le statistiche parlano di percentuali piuttosto alte in entrambi i generi: 7.9% delle donne contro 4.2% per gli uomini.


-Perché la violenza sugli uomini è meno citata rispetto a quella sulle donne?


Il concetto di uomo nella società è stato di gran lunga stereotipato: “gli uomini sono forti, l’emotività è per coloro che sono deboli, nella comunità c’è bisogno dell’uomo virile che prende in mano la situazione e sia in grado di risolvere qualsiasi problema”

In poche parole l’uomo è il supereroe di cui abbiamo bisogno.


Solo per queste motivazioni gli uomini denunciano le violenze in una percentuale minore rispetto alle donne.

Molte vittime dichiarano di non aver avuto il coraggio di segnalare gli abusi per paura di non essere creduti.

Qualche anno fa in Sicilia, a Catania, è nata Avu, acronimo che sta per Associazione violenza sugli uomini.

È stata fondata da due avvocati, Massimo Arcidiacono e Alessandro Granieri Galilei.

Entrambi si occupano sia di aiutare gli uomini ma anche le donne.

I fondatori raccontano di come un gran numero di uomini si trovano al limite della disperazione.

Trattano casi in cui le donne abusano dell’emotività degli uomini, i quali per paura di non vedere i figli preferiscono subire.

Altri ancora sono diffamati all’interno dei social network o costretti a non poter usufruire del proprio budget economico.

“Bisogna mantenere sempre la lucidità in ogni occasione come il lavoro, con i figli e non perdere mai la speranza”.


Molti vengono cacciati dalla propria casa e obbligati a vivere in auto, a lavarsi in una fontana pubblica, a mangiare alla Caritas, a vedere di nascosto i figli.


Non esistono vittime di serie A o vittime di serie B, tutti indistintamente devono essere ascoltati e aiutati proprio come recita anche l’articolo 3 della nostra Costituzione:


“Tutti i cittadini hanno pari dignità sociale e sono eguali davanti alla legge, senza distinzioni di sesso, di razza, di lingua, di religione, di opinioni politiche, di condizioni personali e sociali.

È compito della Repubblica rimuovere ostacoli di ordine economico e sociale, che, limitando di fatto la libertà e l’uguaglianza dei cittadini, impediscono il pieno sviluppo della persona umana e l’effettiva partecipazione di tutti i lavoratori all’organizzazione politica, economica e sociale del Paese”.

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