IL CATTIVO POETA: STORIA DI UN D’ANNUNZIO DECADENTE
- nestiemanuele
- 14 lug 2021
- Tempo di lettura: 2 min

“Quel che oggi sembra grandezza, non è che prepotenza” Gabriele d’Annunzio-Sergio Castellito
In questi tempi di torbida tristezza, Gianluca Judice ci distrae raccontandoci la storia dell’ultimo D’annunzio nel suo nuovo film “Il Cattivo Poeta”. Ambientato nell’Italia Fascista del 1936, il regista (e attore principale) ci riporta un Gabriele ormai stanco (interpretato da Sergio Castellito), un’ombra di ciò che era, ma allo stesso tempo ancora carico della grandezza che lo ha sempre pervaso, avverso a Mussolini ed al suo “circo politico”, il quale, come egli stesso prevederà, porterà solo distruzione e morte alla “Giovine Italia”.
La storia si svolge sulle rive del Lago di Garda e precisamente nella pomposa residenza del Vate chiamata “Il Vittoriale degli Italiani”, un personale omaggio alle sue vittorie politiche e militari ma anche alla grandezza di Roma e dell’Italia passata. Il protagonista della vicenda è Giovanni Comini (Francesco Patanè), giovane camicia nera bresciana, assegnato dal Segretario del Partito Fascista Achille Starace come informatore all’interno del Vittoriale, diventato ormai un centro avverso al regime. Comini si affezionerà sempre maggiormente al Vate, aprendo gli occhi su dove realmente si stia dirigendo l’Italia, non verso un futuro di autarchia, ma bensì verso una strage disumana.
Nel film sono predominanti i colori freddi, che passano dal quieto blu del lago al verde ed il rosso spento del personaggio, in contrasto con la rigidezza nera e bianca dei fascisti.
Judice è riuscito magistralmente a coordinare tutto, portando sullo schermo la malinconia di una rinascita perduta, deturpata da un paradossale “omuncolo”, il cui nome ci danna ancora oggi: Benito Mussolini.
Benito negli anni in cui si svolge la vicenda è all’apice del suo consenso, gli italiani sono completamente invaghiti di lui, al punto che saranno pronti a morire in suo nome. Il Vate, come ci mostra anche il regista, proverà fino all’ultimo a ravvedere il Duce, ripetendogli invano un continuo memento mori, fino ad arrendersi, morendo con lui il sogno di un Rinascimento italiano.
Recitato in maniera sublime, molti sono gli attori che si susseguono nella scena, allestita a metà tra il teatro ed il cinema, la quale si adatta al contesto della trama: da spazi aperti per rappresentare i grandi sogni a stanze anguste e claustrofobiche per raffigurare la cattiveria o la paura, il tutto accompagnato da un caravaggesco gioco di luci e di ombre.
Film disponibile ancora nelle sale italiane, è un “must” per gli amanti della storia, ma anche per gli amanti del buon cinema.
Emanuele Nesti
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