(1) “Tu le connais, lecteur, ce monstre délicat, -Hypocrite lecteur, -mon semblable, -mon frère!”
Il 9 Aprile del 1821 nacque nel frenetico torpore intellettuale di Parigi uno dei più grandi poeti della storia europea: il suo nome era Charles Baudelaire. Esponente del simbolismo, affiliato al parnassianesimo (movimento chiave dell’<<arte per l’arte>>) e precursore del decadentismo, fu poeta e scrittore. Tante sono le opere da lui pubblicate, la più importante fra tutte è sicuramente i “Fiori del Male”, raccolta di poesie che vertono su molti temi, dal ruolo del poeta (Albatros) alla sua visione dell’universo.
LA VITA: Nato in un quartiere latino parigino e rimasto orfano di padre a soli 6 anni, soffrì molto per il secondo matrimonio della madre con un freddo tenente colonnello, detestato profondamente dal giovane Charles.
Già da ragazzo si manifestò uno dei suoi vizi principali, l’accidia; Baudelaire passava infatti da uno studio profondo e diligente ad un rifiuto totale dell’azione, abbandonandosi all’ozio.
Nel 1841 fu obbligato dalla sua famiglia a compiere un viaggio sulla nave Paquebot des Mers du Sud diretta verso Calcutta in India, per poi però tornare a casa dopo metà viaggio; ciononostante l’avventura oltre oceano fu fondamentale per il poeta facendolo appassionare all’esotismo.
Tornato a Parigi, entrò a far parte dei circoli letterari ed iniziò a divenire quell’iconico personaggio con cui lo ricordiamo tutt’oggi a metà tra il bohemien ed il dandy. Qua incontrò la sua musa Jeanne Duval, danzatrice ed attrice di origini tahitiane, africane e francesi soprannominata “La Vedova Nera”.
Dopo due tentativi falliti di suicidio, Charles Baudelaire morì nel 1867 a causa dell’aggravarsi della gonorrea e della sifilide, contratte da una delle prostitute che frequentava.
LA NOIA: Il tedio per Baudelaire è un tema fondamentale della sua lirica, esso infatti è “il maligno più immondo” che “in un solo sbadiglio ingoierebbe il mondo”. Sotto il nome dello “Spleen” (termine derivato dalla medicina greca degli umori dove si credeva che la bile prodotta dalla milza portasse ad uno stato di pigrizia) si compie per il poeta l’annichilimento totale dell’Uomo, avvolto da un mortifero velo che lo soffoca.
La pigra malinconia era tuttavia sì il più grande dei suoi mali, ma anche il principio del suo furore letterario: essa era un demone insonne che lo teneva in stato d’allerta ma anche forza elevatrice, in quanto “la noia, grigio frutto della incuriosità, assume la misura dell’immortalità”.(2)
LA SPERANZA E LE DROGHE: La fede nei miraggi e nei sogni, i quali potrebbero salvarlo dall’accidia, hanno invece un compito molto marginale nelle sue opere, se non quella di una vana illusione con il quale consolarsi da una vita priva di senso e di scopo; si percepisce molto bene questa sensazione sempre nella poesia “Spleen”, dove la Speranza viene definita “pipistrello smarrito/ con le sue timide ali sbatte sulle pareti/ e va urtando la testa sul soffitto marcito” e destinata a soccombere sotto la spada dell’Angoscia, “che è dispotica e dura/ sul mio capo già chino pianta ora il suo stendardo”. (3)
Come vediamo in “Paradisi Artificiali”, pure le droghe, delle quali Baudelaire fa grande uso principalmente per quietare i suoi mali sia fisici sia psicologici, hanno un’illusoria funzione di controllo e di stimolo alla creatività, poiché paralizzano l’immaginazione, lasciandola schiava di sostanze artificiali.
LA REALTÀ PROIBITA: Uno degli aspetti maggiormente censurato di Baudelaire è il suo presunto satanismo, presente nei “Fiori del Male” ma anche in alcuni dei suoi scritti minori. Dietro la facciata di uno spirito irrequieto, pessimista e dannato, si nasconde però un personale tentativo di rimozione dei veli di Maya (4) nei quali la sua società (ma pure la nostra) dolcemente si coccola, ignorando i reietti e gli abbandonati sia da Dio sia dall’Uomo.
Il Diavolo da lui dipinto non è appunto uno spirito maligno che si aggira nelle nostre vite portando malanni, ma un angelo bello ed orgoglioso, principe dell’esilio e bastone dei dimenticati, il quale permette ai suoi discepoli di riposarsi sotto l’Albero della Scienza.
(5) “Padre che adotti quelli che Dio, da ira sconvolto, scaraventò dall’Eden, lontano dal suo volto, abbi pietà della miseria mia.”
Totem della letteratura dannata del Novecento e pure di quella odierna, Baudelaire rimarrà per sempre una rivoluzionaria figura ambigua, che ha sconvolto un mondo del quale non si sentirà mai parte integrante, ma anima denigrata costretta a vagare nei suoi sobborghi, con le ali legate e ferite per aver provato ad avvicinarsi alla vita borghese, come un albatros che viene ucciso per gioco da dei pescatori.
1-“Al Lettore” dai “Fiori del Male”: “Di quel mostro impalpabile tu sai, lettore, i triboli/ ipocrita lettore, mio simile, fratello”. 2- “Al Lettore” 3- “Spleen LXXVI” dai “Fiori del Male” 4- Concetto filosofico espresso da Schopenhauer 5- “Litanie di Satana” dai “Fiori del Male”
Emanuele Nesti
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