Noi che eravamo abituati a veder diventare virali i meme, non i missili
C’è una strana sensazione: che la guerra in Ucraina sia più vicina a noi di quanto non lo sia effettivamente. Non che sia dall’altra parte del Mondo, parliamoci chiaro, ma i 1.629,75 kilometri che dividono Firenze (riferimento comodo) a Kiev, da stamani sembrano molti meno. Fuori dalla nostra finestra le uniche sirene che suonano solo quelle di qualche ambulanza che passa, le code in strada sono causate da lavori o da incidenti, la folla davanti alle banche per qualche malfunzionamento ai bancomat. Niente sembra cambiato dalle 4 di questa mattina. Almeno qui.
C’è però un mondo, a cui noi giovani siamo particolarmente legati, che da qualche ora ci ha portato dritti dentro un conflitto che fino a qualche ora fa non credevamo possibile: quello di internet. Foto, video, audio si rincorrono raccontando l’orrore della guerra avvicinandola a noi. Se l’Europa aveva lasciato al 1945 le battaglie (almeno quelle su larga scala), con le notizie che arrivavano a singhiozzi e attraverso bollettini incerti, oggi la realtà è a portata di click. Basta un secondo, per far vedere al mondo il dolore.
E così sono già diventati virali i video del giovanissimo soldato che saluta la famiglia, dei carrarmati distrutti sulle autostrade, della disperazione delle persone nascoste nei tunnel della metropolitana. Noi che la guerra l’abbiamo studiata solo sui libri di scuola (magari meglio quelle puniche rispetto a quelle recenti). Noi che la immaginavamo solo in bianco e nero. Noi che eravamo abituati a vedere diventare virali i meme, non i missili. Noi che speriamo nella pace. Viva la pace.
Duccio Zambelli
Non sono abbastanza informata o specializzata per poter parlare di quello che sta accadendo attualmente tra la Russia e l’Ucraina. Ne so quanto ne sapete voi e solo grazie a quello che, purtroppo, leggo dalle notizie delle ultime ore.
Non starò qui a parlare quindi di politica, ma vorrei solo cercare di riflettere sull’impatto che questa guerra sta avendo e avrà sulle nostre vite. A partire dall’inizio della pandemia è come se la mia adolescenza si fosse bloccata. Tante volte anche adesso fatico a fare determinate cose perché è come se ,involontariamente, la mia vita fosse in pausa da circa due anni. In un mondo dove tutti abbiamo vissuto e continuiamo a vivere, (perché la pandemia purtroppo non è finita), una situazione tragica a livello sanitario, d’improvviso arriva anche la guerra. Una guerra non necessaria, perché la guerra non si può mai definire tale. Se io, da cittadina privilegiata quale sono vivendo qui in Italia, mi sento così terrorizzata e incerta per quello che potrà essere il mio futuro, non oso immaginare cosa stiano vivendo attualmente le persone a Kiev. Stiamo sperimentando quello che purtroppo da anni in Paesi più lontani, come ad esempio la Siria, stanno vivendo altri esseri umani. Un terrore che ci sembrava così assurdo solo perché non ci apparteneva. Lo ignoravamo perché era un problema lontano.
Non posso più ignorare e stare in pace con me stessa sapendo ciò che accade là fuori. La guerra non ha mai portato e mai porterà cose buone. Non resta che sperare in una presa di consapevolezza e umanità.
Non dimentichiamoci mai cosa ci distingue dalle bestie.
Giulia Favagrossa
Prima la pandemia, adesso la guerra, e poi cos’altro ancora?
“Ucraina Russia: la guerra è iniziata, invasione in diverse città.” Questo preciso titolo, o simili, ci hanno risvegliato ed insieme destabilizzato questa mattina in un modo che non credevamo possibile, hanno invaso la nostra giornata e segnato i nostri umori, i nostri piani, sin dal principio, proprio come aveva fatto la notizia del 9 marzo 2020, giorno in cui iniziò il lockdown per la pandemia di COVID-19 in Italia. A poche ore dalla tanto attesa dichiarazione di fine stato di emergenza il 31 marzo di questo anno, quando un incubo che ci ha tormentato per ben più di 2 anni sembra che non risponda più (o quasi) alle battute di arresto che da tempo medici e scienziati cercano di sferrare, ecco che oggi, 24 febbraio 2022, la super potenza russa decide di dichiarare guerra all’Ucraina (per maggiori informazioni riguardanti i motivi e per una migliore spiegazione della vicenda analizzata e studiata dall’alto, è consigliabile la lettura dell’articolo “Cosa si cela (probabilmente) dietro l’attuale (vento) di guerra” di Sara Boninsegni, perché semplificare è molto complesso e pericoloso, ma non avere idea di nulla è ancora peggio). Il rimando a quel famoso giorno ricordato all’inizio dell’articolo è quasi inevitabile, perché nella maggior parte delle persone ha voluto dire l’inizio di un nuovo “tunnel” da dover percorrere. Oggi ci siamo svegliati in un altro mondo e le prime persone che ci stanno rimettendo sono i cittadini delle città di Odessa, Kharvik, Mariupol, la capitale Kiev ed altre ancora. Il bilancio di vittime e feriti non è ancora chiaro, ma le foto e i video che girano sui social sono inquietanti: abitazioni distrutte, bombardamenti ovunque, code di traffico immense, stracolme di gente che spera di poter essere accolta da paesi vicini, che lascia la sua vita, pur di cercare di sfuggire a quella che per loro vita non sarà più, ma sarà sostituita da miseria e sofferenza, paura e orrore. Video interminabili scorrono nelle bacheche di tutti i profili social, suoni di sirene interminabili, rumori di devastazione, persone che cercano di rifugiarsi, famiglie e vite intere in fuga da Kiev, IN FUGA, immaginatevi voi lì, in fuga dalla vostra stessa vita, dalla vostra stessa essenza: dalle vostre case, amici, parenti, amori, istruzioni, lavori, dalla vostra bella vita, dalla vostra amata quotidianità, che tanto amata spesso non è, ma che sono propri questi terribili eventi che ce la fanno subito apprezzare, perché quel che è ritenuto scontato, più scontato non è. La verità è che quando le guerre sono territorialmente più vicino a noi, riusciamo a immaginarci di più come se fossimo noi, perché le guerre nel mondo sono tante, troppe, infinite purtroppo, ma alcune probabilmente, per la grande distanza che ci separa, non riusciamo a “farle nostre” e purtroppo ciò è anche dato dalla suddivisione di guerre di serie A e di serie B, alcune sono meno raccontate di altre, ma non per questo vuol dire che siano meno importanti. A questi bambini ed adolescenti, a questo futuro che brilla di aspettative il mondo sta dando sempre più filo da torcere, sempre più ostacoli da affrontare e allo stesso tempo sta togliendo la vera vita, la vera essenza. Prima la pandemia, adesso la guerra, e poi cos’altro ancora?
Chiara Gallo
I giovani Zen e “La terza guerra mondiale”.
Mentre mi preparo a scrivere queste righe, incazzato per le ultime notizie sul fronte geopolitico e per un esame andato non così bene come speravo, non posso che ascoltare (e consigliarvi) uno straordinaria canzone degli Zen Circus (purtroppo mai attuale come oggi) : La terza guerra mondiale
“Mi son svegliato con il sole
Che mi accecava un occhio
Una città in riva al mare ma
La casa no non la conosco
Fuori è un caldo innaturale
Riscaldamento globale
Certo moriremo tutti ma
In infradito e bermuda dai ci sta.”
(Breve inciso post-citazione : gli Zen rientrano nella mia routine di vita, con il loro pensiero divergente e mai banale, hanno una canzone per tutto. Sponsorizzo caldamente. Ma torniamo all’articolo.)Domani mattina mi sveglierò ben riposato nel mio letto caldo, magari sarò risentito per l’esame e per le notizie dei TG. A poche ore di volo di distanza ci sono invece migliaia (milioni?) di ragazzi che si svegliano con “il sole delle bombe”. Magari in fuga. Senza una casa e senza una meta. Senza speranza e con tanta rabbia sporcata da sangue vero, non visto da uno schermo.Quanta ingiustizia. Quanta follia. Quanta indifferenza.
Non voglio entrare negli ambiti storici, economici, politici perchè non sono i miei campi (mentre pare che i milioni di lauree in Virologia ottenute su Facebook si siano già convertite in Lauree in Scienze Politiche/Sociali).Sono solo un ragazzo di 21 anni che è atterrito dal fatto che non può riuscire a capire cosa sta provando oggi un suo coetaneo.
Penso anche che ci accorgiamo della fortuna che abbiamo e della differenza di possibilità economiche solo quando escono notizie come questa, magari più vicine a noi.
Perchè comunque le tensioni (le invasioni) tra Russia e Ucraina sono ben presenti da 8 anni, e ne parliamo da massimo 2 settimane. Perchè non è l’unica guerra (“peacekeeping” per citare lo zio vladimir) presente nel mondo : ci sono in Congo, in Burkina, nel confine Israeliano-Palestinese, in Yemen e in Iraq ma sono ben più lontane dai riflettori, e dai nostri pensieri.
Non voglio fare un attacco sociale, è difficile riuscire a sentire costantemente questi temi perchè non ci toccano.
Non possiamo avere la presunzione di metterci nei panni di questi milioni perchè (per sorte e grazie a Dio) certe cose non le viviamo da dentro. Non con il nostro corpo degno di amore.E ci rimane solo un senso assordante di incomprensione, di distacco.Voglio concludere questo breve scritto con un invito a sperare anche quando non si riesce a sperare. Prendetevi un momento per stare a contatto con questi fatti lontani e avvicinarsi alle milioni di persone terrorizzate. Pregate, se credete. Sperate sempre che tutto si risolva al meglio. Anche quando non si riesce a sperare.Papa Francesco ieri ha invitato (credenti e non credenti) a una giornata di digiuno per la pace il prossimo 2 Marzo (Mercoledì delle Ceneri). Posso solo allegarvi il suo invito, è un modo puro per vivere la speranza anche quando non si può sperare.
Tommaso Massai
Aperitivo
Quando si pensa a un articolo da scrivere, si parte con il raccogliere le idee, farsi una propria opinione che sia il più imparziale possibile, cercare informazioni, fonti e poi, finalmente, tastiera alla mano, si inizia a scrivere.
Non ho fatto in tempo ad arrivare al terzo punto sulla questione Russia-Ucraina, perché la notizia dell’invasione è arrivata prima di ogni tentativo di approfondimento, prima di potersi anche solo lontanamente rendere conto che, una cosa così grande e appartenente solo ai libri come la guerra, era in realtà alle porte di casa.
Ogni sentimento è stato svuotato, la giornata si è susseguita come avvolta da una foschia presente ma invisibile, che non riesce a portare i pensieri lontani da quell’unica notizia letta sui quotidiani e sentita in tutte le radio e tv. La guerra è iniziata. E non una guerra immaginaria, passata o lontana nel tempo e nello spazio. Una guerra in Europa, la candidata terza, la terribile minaccia dell’uso del nucleare e della distruzione del mondo per come lo conosciamo, viviamo.
Stasera avrei dovuto essere a fare aperitivo, festeggiare e ridere insieme della ritrovata libertà dopo esami, sessione, quarantene e la prossima fine dei due anni più duri delle vite di ognuno, eppure quell’aperitivo avrebbe avuto un sapore dolce-amaro perché quel pensiero sarebbe stato sempre e comunque lì.
Abbiamo rimandato.
Abbiamo rimandato come se, il nostro rinvio, potesse in qualche modo cambiare le cose; come se il nostro rinviare un aperitivo potesse posticipare anche una dichiarazione di guerra, rimandare indietro le lancette dell’orologio e farci tornare a quando, ignari di ciò che stava per accadere, non avevamo minimamente idea del peso che un pensiero del genere potesse portare nelle nostre vite.
Invece no. Questo non può accadere e l’unica cosa che ci rimane da fare è sperare di svegliarci domani e renderci conto che è stato tutto solo un brutto sogno.
Giulia Vernarecci
Le parole per descrivere una guerra
Ci sono dei temi sui quali potremmo parlare per ore, ma le parole per raccontarli e analizzarli non sarebbero mai abbastanza. Per descrivere quello che sta succedendo in Ucraina non ci sono parole. In futuro dovremo porci tante domande e dovremo riflettere su un modo di fare comunicazione che ha sminuito e dimenticato quella che era una vera e propria guerra che nel Donbass è proseguita per otto anni. Ma oggi, in seguito ai primi attacchi russi in Ucraina, ogni parola risulterebbe fatua e vuota. La guerra è arrivata alle porte dell’Europa. E noi cittadini, noi ragazzi, siamo impotenti. Non possiamo fare niente, se non dedicare un pensiero a tutti gli esseri umani coinvolti in essa. Perché la guerra porta solo morte e devastazione per chiunque sia costretto a farne parte. Lo scriveva Bertolt Brecht, grande drammaturgo tedesco, in una poesia di quasi 100 anni fa:
La guerra che verrà non è la prima. Prima ci sono state altre guerre. Alla fine dell’ultima c’erano vincitori e vinti. Fra i vinti la povera gente faceva la fame. Fra i vincitori faceva la fame la povera gente
egualmente.
Sembra che l’umanità sia destinata a commettere gli stessi errori per sempre, in un circolo vizioso senza fine. Ma in effetti, qualcosa possiamo farla proprio noi, che oggi guardiamo in video i carri armati russi entrare in Ucraina e ne siamo così spaventati. Possiamo sognare un futuro migliore. E possiamo crearlo, per quanto possibile. Quando andiamo a votare, e in ogni piccola nostra scelta di vita. Forse non potremo fermare i conflitti nel mondo, ma ripudiare la guerra ci permette perlomeno di sognare che saremo migliori, e che finalmente, saremo degni del mondo in cui viviamo.
Pietro Mini
Questo non è un meme
Da diversi giorni, ormai, ciò che sta succedendo in Ucraina è sotto i riflettori mondiali. Stamattina ci siamo svegliati con una notizia che ha lasciato tutti increduli e con l’amaro in bocca: non solo città di confine, ma anche la capitale Kiev e altre (Kharvik, Mariupol e Odessa) sono state bombardate dalla potenza russa. Guerra guerra guerra. Questa ormai è la parola del giorno, che riecheggia nelle nostre teste costantemente. Quando leggiamo di questi avvenimenti sui libri di storia ci sembra tutto così lontano, passato, quasi etereo. Non ne riconosciamo i segni, non percepiamo in maniera lucida il dolore. Adesso che la “tocchiamo con mano”, la guerra, ci fa impressione, ci mette a nudo di fronte a tutte le nostre più grandi paure, ci fa sentire piccoli di fronte alle altissime colonne di fumo provocate dalle esplosioni, che hanno letteralmente spazzato via decine di vite umane. Impossibile, a questo punto, non ricordare le parole della senatrice a vita Liliana Segre: “L'indifferenza racchiude la chiave per comprendere la ragione del male, perché quando credi che una cosa non ti tocchi, non ti riguardi, allora non c'è limite all'orrore. L'indifferente è complice. Complice dei misfatti peggiori”. Non dobbiamo essere indifferenti, dobbiamo prendere coscienza di ciò che sta accadendo, perché è proprio in questi momenti che la storia deve essere maestra di vita; dobbiamo farci portatori di quei valori di giustizia, democrazia e libertà, perché sono e saranno proprio questi a renderci migliori. Ciò su cui voglio soffermarmi, però, è l’immagine pubblicata sul profilo ufficiale Twitter dell’Ucraina: Hitler accarezza Putin, con fare quasi paterno; un’immagine satirica ed estremamente devastante allo stesso tempo. A colpirci ancora di più, più della stessa immagine, sono le parole che l’accompagnano: “Questo non è un meme, ma la nostra e la vostra realtà in questo momento”. Non c’è spazio per le interpretazioni, il significato è chiarissimo. L’idea dietro tale post è potentissima: se prima le guerre si combattevano solamente con l’odio e con le armi, adesso si combattono anche con la sensibilizzazione, con la forza delle parole. In questo caso, come in Guernica, l’arte si fa portatrice di una denuncia politica senza precedenti, un richiamo alla razionalità e alla bellezza della parola “pace”.
Mathias Vitiello
RUSSIANS (Sting, The Dream of the Blue Turtles, 1985)
In Europe and America / there's a growing feeling of hysteria / Conditioned to respond to all the threats / In the rhetorical speeches of the Soviets / Mister Krushchev said, "We will bury you" / I don't subscribe to this point of view / It'd be such an ignorant thing to do / If the Russians love their children too / How can I save my little boy / from Oppenheimer's deadly toy? / There is no monopoly on common sense / On either side of the political fence / We share the same biology / Regardless of ideology / Believe me when I say to you / I hope the Russians love their children too / There is no historical precedent / To put the words in the mouth of the President? / There's no such thing as a winnable war / It's a lie we don't believe anymore / Mister Reagan says, "We will protect you" / I don't subscribe to this point of view / Believe me when I say to you / I hope the Russians love their children too / We share the same biology / Regardless of ideology / But what might save us, me and you / Is if the Russians love their children too
Traduzione:
In Europa e in America / C’è un crescente sentimento d’isteria / Condizionato dalle risposte a tutte le minacce / Nei discorsi retorici dei Sovietici / Krushchev ha detto: “Vi seppelliremo tutti” / Non sono d’accordo con questa opinione, / Sarebbe una mossa talmente insensata / se anche i Russi amano i propri figli / Come posso salvare mio figlio / dal giocattolo letale di Oppenheimer? / Non c’è un predominio del buon senso / da entrambi i lati della barricata politica / Condividiamo la stessa biologia / indipendentemente dall’ideologia / Credetemi quando vi dico che / Spero che anche i Russi amino i propri figli / Non ci sono precedenti storici / di parole messe in bocca a un Presidente? / Non esistono guerre che possono essere vinte / È una bugia a cui non crediamo più / Reagan dice: “Vi proteggeremo tutti” / Non sono d’accordo con questa opinione / Credetemi quando vi dico che / Spero che anche i Russi amino i propri figli / Condividiamo la stessa biologia / Indipendentemente dall’ideologia / Ciò che potrebbe salvarci, tu ed io / È che anche i Russi amino i propri figli
La canzone, tratta dal primo album solista di Sting The Dream of the Blue Turtles, pubblicato nel giugno del 1985, è un’evidente risposta alla politica estera dominante nel periodo della guerra fredda, in particolare alla dottrina secondo cui le armi nucleari erano necessarie come deterrente allo scoppio di un conflitto armato mondiale. Nel corso degli anni, il brano (e dunque Sting) è stato oggetto di critiche per la presunta posizione filo-americana tenuta… ma non sta a me dire se il testo è qualunquismo occidentale. Oggi non è questo ciò che conta. So solo che la guerra si fa in due (o più), non da sola. La guerra è una tragica follia, una crudele convenzione, una stupida convinzione. Il baratro dell’umanità. La morte del dialogo e dell’ascolto. Fiumi rossi sul terreno, pioggia di cenere e veleno.
“Io non sono pacifista. Io sono contro la guerra perché la guerra non si può umanizzare, si può solo abolire" - Gino Strada
Matteo Mannucci
Davvero ci importa dell’Ucraina?
Il titolo è volutamente provocatorio. Sicuramente c’è qualcuno che, ragionando di pancia, lo ha pensato e si è detto che della guerra in Ucraina non vuole saperne nulla, ma non è su questo che vorrei riflettere. Vorrei riflettere sul perché ci importa dell’Ucraina… e ce ne importa, perché sennò non staremmo facendo un così gran parlare di qualcosa che è all’ordine del giorno in tanti luoghi del mondo come la guerra. Così dicendo non voglio sminuire le sofferenze del popolo ucraino, né fare del benaltrismo o fare il distaccato e il superiore; di recente ho letto “Pappagalli verdi” di Gino Strada (una lettura impegnativa e magnifica, la consiglio a tutti) e ne sono rimasto molto turbato, per cui posso dire con una certa sicurezza di non essere del tutto insensibile al tema della guerra. Quello su cui mi viene da riflettere è che per i conflitti in Medio Oriente o in Africa non si sono sollevati polveroni mediatici paragonabili a quello che si sta scatenando sulla situazione in Ucraina e mi è venuta una mezza idea del perché. L’Europa che ci siamo abituati a conoscere, in cui tutta la nostra generazione è nata, l’Europa dell’Unione Europea è un piccolo angolo di paradiso se confrontata al resto del mondo. Per noi giovani europei l’idea che ci si possa fare una guerra per diatribe di confine o questioni di strategia sembra un’eresia da risiko legata a un passato da dimenticare: nessuno di noi ritiene plausibile che al giorno d’oggi Italia e Austria possano entrare in guerra per contendersi Trieste! Se questo è successo lo dobbiamo, a parere di chi scrive, all’Unione Europea. La pacifica convivenza tra Stati diversi è una realtà tutta europea che ci siamo abituati a dare forse un po’ troppo per scontata; l’invasione dell’Ucraina dovrebbe indurci a ragionare su quanto siamo dei privilegiati a paragone di molte altre aree del mondo (nemmeno così remote, in effetti). La pace in Europa è stata una grande e difficoltosa conquista, che se anche può non essere perfetta ha comunque un che di utopistico; appianare ulteriormente i conflitti interni dovrebbe essere un traguardo a cui tendere… imparare a convivere e a sopportarci… imparare ad andare d’accordo coi francesi anche se non ci va giù che la Gioconda ce l’abbiano loro. L’altro grande e utopico obiettivo dovrebbe essere estendere questa arte della convivenza anche oltre i nostri confini attuali, anche a Kiev e Mosca, perché è forse il modo migliore per scongiurare nuovi conflitti… per cui sì, ci importa davvero dell’Ucraina!
Marco Becherini
🙏🏻❤️🩹