Chi non ha mai sentito parlare del film “la città incantata”? Almeno una volta nella vita, spero ognuno di noi si sia imbattuto in questo capolavoro d’animazione giapponese.
La città incantata è stato scritto e diretto nel 2001 dal mentore Hayao Miyazaki, ispirato dal romanzo “il meraviglioso paese oltre la nebbia” di Sachiko Kashiwaba e prodotto dallo Studio Ghibli. Incassò trecentomila dollari, superando “Titanic”, all’epoca in cima alla classifica d’incassi.
Questo film è estremamente elaborato sia dal punto di vista tecnico, che dal punto di vista comunicativo: ogni singolo dettaglio è essenziale e rimanda ad un concetto preciso, ad un messaggio particolare che l’autore vuol trasmettere al pubblico.
La trama, in breve, narra di una bambina di nome Chihiro, la quale finisce per caso insieme ai genitori in un luogo sperduto e desolato. I genitori iniziano a trangugiare il cibo lasciato dagli spiriti sui loro stand, mentre la bambina si rifiuta e addirittura li rimprovera. Sconsolata dalla condotta dei genitori, Chihiro va a visitare il luogo misterioso e al suo ritorno trova il padre e la madre tramutati in maiali. Le vicende di questa bambina si dipanano nel tentativo di far riacquistare una forma umana ai genitori, ma nella sua avventura e soprattutto nella sua temperanza, si nascondono i valori del vecchio Giappone.
Chihiro affronterà con audacia ogni ostacolo che le si calerà d’avanti, contando sulle proprie forze, aiutata dai suoi amici. L’opera è caratterizzata da tantissimi spiriti, personaggi irreali o che ci sono stati tramandati dal folklore giapponese.
Troviamo ad esempio “Lo Spirito Del Ravanello”, con la sua forma curiosa e la sua stazza corpulenta, non può di certo passare inosservato. Questo personaggio e le sue particolarità occupano pochissimo posto nella pellicola, così come “le palline di fuliggine” e tanti altri. Attirano però la nostra attenzione e caratterizzano inevitabilmente l’ambiente ed il taglio onirico che il regista ha dato alla sua opera.
Chihiro è costretta a lavorare per poter restare. Si conquista la simpatia degli altri personaggi attraverso il suo “voler fare”. Non si tira mai indietro, nemmeno quando “Lo Spirito Del Cattivo Odore” arriva nelle terme dove la bambina lavora. Spirito che, una volta purificato, tornerà ad essere il “Dio del Fiume”.
In primo luogo, ritengo opportuno sottolineare che i protagonisti dei film di Miyazaki sono spesso e volentieri dei bambini, che districano i problemi della vita tramite la loro audacia e la loro forza d’animo. Quello del credere nelle proprie forze e dare il meglio di sé è un concetto deliziosamente giapponese: si pensi ad esempio alla famosa espressione “Gambarè” che in italiano traduciamo (forse erroneamente) con “buona fortuna”, in quanto noi occidentali ci basiamo più sulla fortuna. Per loro, letteralmente significa “metticela tutta”, “mettici tutto te stesso e arriva all’obbiettivo”.
Si può dire che Chihiro, come tutte le eroine e gli eroi di Miyazaki, incarnano perfettamente questa dedizione, questa tenacia che personalmente ho sempre ammirato.
La scena dello Spirito del Cattivo odore è importante per sottolineare un altro tema che sta a cuore al nostro regista, ovvero il tema dell’ambiente. Il Dio del Fiume si presenta come un ammasso di melma, inizialmente, a causa della negligenza degli uomini. Infatti per purificarsi è costretto a recarsi nella Città Incantata, appunto, luogo di spiriti e esente di umani.
Un altro personaggio legato a questo tema è Haku, spirito del fiume Kohaku. Fiume interrato per costruire palazzi, dimentica la sua identità e finisce schiavo della maga Yubaba.
Un’altra chiave del film, è la gentilezza di Chihiro, che pone in egual misura a tutti i personaggi del film, senza pregiudizi. Si mostra gentile anche verso Senza Volto, individuo ambiguo arrivato in città. Un estraneo che è simbolo del consumismo, infatti attira gli altri personaggi attraverso delle pepite d’oro, e poi li mangia. Chihiro è l’unica a non accettare l’oro, in quanto “non ne ha bisogno”. Affiancato alla nostra eroina, anche lui in realtà risulterà un personaggio verso cui non si può fare altro che provare simpatia. In un certo qual modo si “depura”, rigettando melma interiore e aiutando Chihiro a salvare i suoi genitori ed Haku.
Forse con questo Miyazaki ci vuole dire che c’è ancora una speranza? Che anche una società materialista come la nostra, se ritrovasse i suoi vecchi valori, potrebbe “depurarsi”?
Recentemente si è parlato molto di “La città incantata” sui giornali o sui blog, in quanto il famoso anime uscito da poco “Demon Slayer”, si dice sia una grande minaccia per quanto riguarda il record d’incassi ma dicono sia competitivo anche nel portamento del film.
Dei giornalisti sono andati a casa di Miyazaki, che si stava dedicando a raccogliere i rifiuti, ed hanno iniziato a chiedergli cosa ne pensasse di questa “notizia bomba”.
Lui rispose semplicemente che è un vecchietto in pensione dedito a raccogliere la spazzatura, e che anche le altre persone dovrebbero fare ciò invece di pensare ai record di incassi.
Espressione che, a parer mio, racchiude anni ed anni di produzione cinematografica dello Studio Ghibli, e che inevitabilmente abbraccia anche la nostra “città incantata”.
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