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Storie di cinema: “Her”, è possibile innamorarsi della voce di un computer?



“Non è solo un sistema operativo,

è una coscienza.

Ecco a voi OS Uno”


La tecnologia ha un ruolo preminente nelle nostre vite, e molto difficilmente oggi potremmo farne a meno. Troppo spesso ci capita di stare ore al telefono senza renderci neanche conto del tempo che passa e di quello che stiamo facendo. Ma in realtà noi siamo solo all’inizio di un processo che è sicuramente destinato a evolversi: non possiamo immaginare né come saranno le tecnologie del futuro né tantomeno quale sarà il nostro rapporto con esse.


Sicuramente sarà ancora più complesso e coinvolgente rispetto ad oggi: ma potremo persino spingerci talmente oltre fino ad innamorarci di un sistema operativo? Questa è la domanda che si pone “Her”, film del 2013 diretto da Spike Jonze, poetico, romantico e incisivo, è stato vincitore del premio oscar per la migliore sceneggiatura originale.


La trama: In un futuro non troppo lontano gli esseri umani dipendono totalmente dalla tecnologia. Theodore, interpretato dal magistrale Joaquin Phoenix, è un uomo solo e depresso che per lavoro scrive lettere a nome di altri per il sito belleletterescritteamano.com, si è lasciato da più di un anno e deve firmare le carte per il divorzio.

Incapace di stringere relazioni reali con altri esseri umani, cerca sollievo nella tecnologia e decide di acquistare OS1, il primo sistema operativo di intelligenza artificiale, in grado di adattarsi alle necessità dell’utente e interagire come se fosse una persona reale.

Nasce così una stretta relazione tra il protagonista e il sistema operativo che sfocerà in un rapporto amoroso decisamente complicato. “Lei” si fa chiamare Samantha ed è interpretata dalla sola voce di Scarlett Johansson, e proprio per questo consiglio di guardare il film in lingua originale.


L’incomunicabilità: Il film è molto bello perché rende appieno la situazione di solitudine che a volte tutti noi proviamo, anche se circondati da migliaia di persone.

Fin dalle prime scene Theodore vive il suo conflitto interiore in una città piena di gente in cui però ognuno è ripiegato su se stesso e sul proprio sistema operativo personale: comunicare con gli altri esseri umani diventa quasi impossibile, perché sono tutti sommersi dall’eccessiva comunicazione.

Ebbene questa mi sembra una metafora nemmeno troppo velata del nostro modo di rapportarci alla tecnologia: quante volte per strada vediamo persone che non alzano gli occhi dallo schermo? Quante volte in compagnia ci distraiamo a causa di una notifica?


Non voglio certo sembrare reazionario, credo che le tecnologie siano utilissime se usate bene, ma sicuramente chi già si trova in difficoltà può rischiare di perdersi, cercando nella tecnologia risposte che si possono trovare solo nel rapporto con altri esseri umani.

Dunque ogni personaggio del film vive isolato nel proprio guscio, bloccato dalle proprie aspettative e delusioni. Tutti cercano scorciatoie per cercare di colmare i propri vuoti e raggiungere i propri desideri: e cosa c’è di più facile di relazionarsi con un’IA che esiste per soddisfare ogni tuo bisogno?


Innamorarsi di un’IA: Gran parte del film racconta la storia d’amore tra Theodore e Samantha, che non è poi tanto diversa da quella tra due esseri umani: serate romantiche, sesso, litigi, incomprensioni. Non manca proprio nulla.

Il protagonista arriva veramente a innamorarsi di quella voce, che può leggere l’intera Bibbia in meno di un secondo ma che vede il mondo con passione e con occhi diversi, e riesce a restituirgli la passione per la vita. Ma quanto può durare una relazione del genere?

Possiamo restare umani e al contempo non essere animali sociali? Il finale del film ha le idee molto chiare, ma il dibattito sul tema è attuale e ancora tutto da scrivere.


Ma potremo mai un giorno innamorarci davvero di un sistema operativo? Perché no. In fondo, la regola è la stessa per ogni relazione, non importa con chi o cosa: l’importante è non farla diventare tossica ed esclusiva. Se c’è abbastanza spazio o libertà per entrambi, chi siamo noi per decidere di chi è giusto innamorarsi?

Pietro Mini

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