Il 70% degli studenti italiani odia studiare la storia. A livello scolastico, è facile intuirne il motivo: si limita ad essere una brodaglia di date, nomi e fatti, mandati a memoria e ingoiati come pillole, per poi essere espulsi su inconcludenti compiti in classe e finire immediatamente dimenticati all'ora successiva.
Iniziamo con un piccolo incipit: è sempre stato chiaro come, nel corso dei millenni, la storia si sia sempre strettamente intrecciata con la religione, generando un lunghissimo filamento di DNA che ne determina gli aspetti genetici. In questo articolo, dunque, nessuno vuole offendere o criticare azioni, personaggi, ideologie o quant'altro, ma solo riportare in maniera umoristica la realtà dei fatti. Ci scusiamo anche per eventuali incomprensioni o errori riportati nel seguente articolo. Come si sa, la storia è un mare, capirne le profondità è sempre più difficile di quanto sembri.
Siamo in India, tra i primi decenni del 1800 e i primi del 1900. Il colonialismo inglese si fa sentire, più forte che mai. Diffidate di chi dice che gli inglesi furono i più clementi colonizzatori europei con le loro colonie: sono fandonie belle e buone. Non c'è mai clemenza nell'imporre una supremazia.
Ora immaginatevi questi lord, forbiti ed educati, sempre con un fazzoletto pulito nel taschino e gli occhiali sulla punta del naso, che si ritrovano scaraventati nel marasma delle città indiane, allora ancora prive di qualsiasi minuscolo senso di ordine o burocrazia che saranno proprio gli inglesi a “regalargli”.
Prima impressione sugli indiani: animali. Seconda impressione sugli indiani: barbari. Terza impressione sugli indiani: scimmie. Ergo, sempre animali. Per farla breve, il cocktail qui è un bel mix frizzantino di razzismo ed incomprensione. Atteggiamenti, questi degli inglesi, che continuarono anche nei decenni successivi, perfino dopo aver arruolato gli indiani nei loro eserciti. Ed è qui che entra in gioco lo humour.
Nelle fila dei soldati, tutti erano armati con fucili marca Enfield, provenienti direttamente dalla madrepatria. Il caricamento delle armi avveniva strappando via con i denti l'involucro di carta delle cartucce, estraendo così la pallottola di piombo da infilare nella canna del fucile. La pallottola era sigillata nella sua cartuccia grazie ad una colla prodotta da grasso di bovino mescolato a quello di suino.
Facile capire cosa accadde: gli indiani erano, religiosamente, a maggioranza hindu e musulmana: mettere in bocca il grasso dei loro animali sacri (per gli Hindu, le mucche) o haram, proibiti (per i musulmani i maiali) era qualcosa di inammissibile ed impraticabile.
Stupidi gli inglesi che nella loro spocchia non avevano tenuto di conto né delle tradizioni locali, né di quanto queste venissero rispettate. Morale della favola: prima di fare cazzate, informati.
Passiamo al nostro secondo, piacevole, aneddoto: la guerra dello Yom Kippur.
Lo Yom Kippur è un giorno sacro per la religione ebraica, si tratta del “giorno dell'espiazione”, in cui non è permesso compiere alcuna altra attività, fisica, lavorativa, intellettuale eccetera, che non sia relativa al pentimento. E con nessun'altra attività, intendo proprio il senso letterale dell'espressione: non puoi cucinare, non puoi farti la doccia, non puoi mangiare (solo dopo il tramonto) e, questo il punto che ci interessa per la nostra storia, non puoi combattere.
Quarta guerra arabo-israeliana (Israele Vs Palestina), 1973. I palestinesi rivogliono i territori persi con Israele durante la guerra precedente, e si fanno furbi: vedono che Israele è immobile nel suo Yom Kippur, e l'attaccano nel momento strategico con tutte le loro forze. Tutto sembra andare per il verso giusto, non ci sono forti resistenze, gli israeliani rimangono seduti a pentirsi mentre i palestinesi invadono liberamente e senza incontrare alcuna resistenza i loro territori. Avrebbero benissimo potuto metterci su famiglia, per quel che sappiamo noi. E poi eccolo, il colpo di scena: gli americani entrano in gioco a sostegno degli israeliani, due bombette, qualche sparo, e i palestinesi sono spazzati via. Fine della partita.
Facciamo ora un luuuungo salto all'indietro. Torniamo a più di 2000 anni prima della guerra dello Yom Kippur, nel 525 a.C. : battaglia di Pelusio (mai sentita nominare, vero?) combattuta tra Persiani ed Egiziani per ottenere il ruolo di potenza egemone sul Mediterraneo. I persiani, per usare un francesismo, fecero il culo agli egiziani, indeboliti anche dall'inesperienza del loro nuovo faraone, che fuggirono con la coda tra le gambe rifugiandosi nella vicina Menfi.
Ma può una simile sconfitta essere dovuta solo all'inesperienza? Ci sono, anche in questo caso, dei forti punti deboli da sfruttare a proprio vantaggio? E, infine, qual è l'animale più bello, elegante ed intelligente del mondo?
Risposta: il gatto. Il re persiano Cambise era una volpe astuta, sapeva che gli egizi veneravano i gatti neri (ma anche quelli non neri, tutti i gatti si meritano una venerazione umana). Perciò prese una discreta quantità di mici, li legò agli scudi dei suoi soldati ed entrò in guerra armato di artigliati felini urlanti. Come potevano gli egizi, di fronte a cotanta tenerezza e venerabilità, attaccare i loro animali sacri? Semplicemente, non potevano: lasciarono cadere le armi e persero la battaglia. Saggi, gli egizi. Molto meglio perdere le guerre ma ottenere diecimila gatti, che vincerle e restare sfornito di un tale privilegio.
Vi lascio a questo punto con una citazione celebre ed incredibilmente efficace, sempre, in ogni luogo, in ogni istante, con la speranza che possa davvero servire a qualcosa. Da Calvino: "prendete la vita con leggerezza, che non è superficialità, ma planare sulle cose dall'alto, non avere macigni sul cuore".
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