L’arte è immensa, infinita ed immortale. Immenso, infinito ed immortale è a sua volta l’artista, la sua temperanza, la sua passione che gli permettono di creare opere da migliaia di significati e sfumature.
Questo film è dedicato al padre dell’Impressionismo: Monet. Uomo che ha rivoluzionato un sistema artistico, che ha dedicato la sua vita al compimento del suo linguaggio artistico. Qui viene descritta la sua storia, i suoi pensieri, la sua arte.
Monet sin da piccolo nutriva un carattere particolare. Marinava la scuola per andare a sedersi in riva al mare ed ammirarlo. Aveva una particolare attrazione per l’acqua, infatti finirà sempre per rifugiarsi lungo le rive della Senna: amava l’acqua talmente tanto che ad un amico disse che una volta morto gli sarebbe piaciuto poter esser sepolto in una boa così da galleggiare per sempre.
Iniziò ad appassionarsi alla pittura sin da piccolo, facendo delle caricature della gente del paese, poi iniziò a sperimentare la sua vena artistica, a contemplarla e darle una voce. Voleva dipingere l’aria, l’acqua e la luce.
Gli impressionisti sono quella cerchia di artisti che, dipingendo “en plein air” catturano il momento e lo racchiudono nella tela: studiano le luci, le ombre, come queste cadono sugli oggetti ed accendono o spengono i colori.
Monet era dedito alla natura, ai suoi colori, alle sue luci, voleva trasmettere la felicità personale con le sue opere, ecco perché ricorre sempre a dipingere la natura e la campagna, per lui fonte di ispirazione e sicurezza. Nei suoi momenti di difficoltà è sempre tornato lungo le rive della Senna, per poter sentire l’aria di casa, per potersi sentire a suo agio. Dipinse gli specchi d’acqua in qualsiasi condizione atmosferica, questo ovviamente portando varie difficoltà. Quello con l’acqua era un rapporto molto particolare, in età adulta volle deviare il fiume per creare uno stagno dietro la propria abitazione, per poterci creare il suo stagno di ninfee. Nonostante le opposizioni dei cittadini, i quali pensavano che le ninfee potessero avvelenare le acque ed i raccolti, Monet riuscì a procurarsi i permessi e ad iniziare i lavori.
“Spesso ci si innamora di qualcuno che è in grado di metterci di fronte le nostre paure. Le sfide più difficili nascono all’interno di questa relazione. Penso che il suo rapporto sull’acqua si basi su questo.” Riprendendo le parole del film.
Nonostante i vari lutti (la prima moglie, il primo figlio e la seconda moglie), nonostante le varie critiche negative delle sue opere, nonostante l’inondazione che distrusse il suo stagno quando era nel fiore della sua bellezza, nonostante la cataratta che lo portò quasi alla cecità, nonostante l’entrata in guerra della Francia, Monet riuscì sempre a trovare conforto nella pittura e a portare avanti la sua vita. Quando morì la prima moglie, la sua prima reazione fu quella di dipingerla, per alienare il dolore. Studiò le luci del giorno che cadevano sul volto di lei, come a livello retinico si potevano contemplare i colori marmorei della sua pelle. Si sentì anche in colpa per questa sua reazione, definendosi un animale e vergognandosene, ma quando la disperazione incombe, ci si aggrappa a qualsiasi cosa possa donarci un barlume di sollievo. La sua ancora di salvezza, erano la tela ed i colori.
In Francia in quegli anni era presente il “Salon”, il quale era diventato a cadenza biennale. Il Salon era un’occasione per gli artisti per farsi conoscere dal pubblico e per far comprare le proprie opere, parteciparvi però era molto difficile in quanto la giuria aveva dei canoni ferrei. Nel 1863 la giuria fu particolarmente rigida e rifiutò moltissimi quadri. Napoleone III, mosso dal malcontento generale istituì “Il salone dei rifiutati”, dove vi furono esposte le opere non accettate dal Salon, tra cui anche quelle di Monet. Dal 1874 al 1886 invece vi furono delle mostre organizzate da artisti che prenderanno il nome di “Impressionisti”. Accomunati dallo studio dell’atmosfera, della luce, delle ombre e del colore e soprattutto dalla voglia di poter esprimere liberamente la loro arte, organizzarono queste mostre senza giuria né premi, col solo scopo di poter trasmettere alla gente la loro interiorità e dar loro l’occasione di poter acquistare i loro quadri.
La prima mostra, nel 1874, fu nominata “PRIMA ESPOSIZIONEDELLA SOCIETA’ ANONIMA COOPERATIVA DEGLI ARTISTIPITTORI, SCULTORI, INCISORI ECC.” Sarà il critico Leroy, qui, a dar il nome di “impressionisti”. Ovviamente con una connotazione negativa, che però il gruppo di artisti abbracciò e vi ci chiamò la terza mostra. Nella mostra del ’74 tra le critiche negative vi fu anche la figura di George Clemenceau che diede invece una critica positiva alla mostra. In particolar modo restò colpito dal nostro artista, dicendo che il mondo aveva bisogno di una visione nuova che Monet poteva dare.
La carriera artistica di Monet ebbe alti e bassi, spesso né la critica né le persone apprezzavano le sue opere. Probabilmente nemmeno le comprendevano.
“Ognuno discute la mia arte e finge di capire, come se fosse necessario capire, quando è semplicemente necessario amare.” (-C. Monet)
Monet morì quasi cieco, e nell’ultimo periodo della sua vita sfrutta la malattia che gli rubò gli occhi per dipingere la realtà con un nuovo “filtro”; vedere la realtà con un’ottica nuova. Verso la fine della sua vita infatti si dedica completamente alla pittura, dipingendo soprattutto ninfee.
Monet, l’uomo innamorato della sua passione, della luce, dell’acqua, delle sue ninfee, si spense nel 1926 lasciando un patrimonio artistico che farà nascere correnti nuove, tra cui l’astrattismo. Ci lasciò sì un patrimonio artistico, ma anche inevitabilmente umano, con la sua tenacia e la sua resilienza ha, come direbbe De André, “consegnato alla morte una goccia di splendore, di umanità, di verità”.
“Monet ha dipinto oltre duecento ninfee.
Guardando lo stesso stagno.
A riprova di quanto può essere bella la stessa cosa ogni giorno, quando la guardi con amore.”
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