Ti coglie all’improvviso, quando meno te lo aspetti. Una scia di profumo che t'inebria frettolosamente le narici mentre passeggi per le strade, quella maglia finita sul fondo dell’armadio, una canzone che passano in radio mentre stai guidando la tua auto, il sapore deciso di una tisana, quel luogo così caro che ti fa scorgere un fantastico scorcio di cielo…
È il ricordo.
Niente paura, nessuna nuova pericolosa sindrome psicologica si sta appropriando della parte più intima di ognuno di noi. Giusto qualche anno fa, qualcuno ha iniziato a scrivere qualcosa a riguardo finendo col farne una delle più grandi opere letterarie a carattere universale. Porta il titolo di “Alla ricerca del tempo perduto” (Recherche) ed è il monumentale romanzo scritto da Marcel Proust (Parigi, 1871-1922) scrittore e critico letterario francese che ha pubblicato quest’opera in sette volumi tra il 1913 e il 1927.
La vita dell'autore si snoda nel periodo compreso tra la repressione della Comune di Parigi (il governo socialista che diresse Parigi dal 18 marzo al 28 maggio 1871) e gli anni immediatamente successivi alla prima guerra mondiale. La trasformazione della società in quel periodo, con la crisi dell'aristocrazia e l'ascesa della borghesia durante la Terza Repubblica francese, trova in quest’opera di Proust un'approfondita rappresentazione dell'epoca in questione. In essa è racchiusa tutta l'evoluzione del pensiero dell'artista, in particolare il ritrovamento del tempo perduto, del ricordo, della rievocazione malinconica del passato ormai perso. L’idea estremamente ambiziosa di Proust si è concretizzata alla perfezione. È nel primo volume intitolato “Dalla parte di Swann” che viene espresso il simbolo della madeleine: il dolcetto in questione riesce ad evocare in Swann (una sorta di alter ego di Proust) ricordi legati all’infanzia.
Nel corso del romanzo si profila il percorso del protagonista (con appunto evidenti rimandi autobiografici) che passa attraverso le diverse tappe della propria esistenza le quali si sintetizzano simbolicamente negli ostacoli necessari per giungere alla rivelazione dell’arte. I godimenti effimeri della vita mondana e l’illusione dell’amore si palesano nella Recherche come occasioni inconcludenti, nell’attesa che l’arte, unica fonte di bellezza e di ordine, risollevi le sorti dell’esistenza terrena. La “terra promessa” dell’arte si rivela al protagonista solo al termine del romanzo nella forma di una vocazione letteraria che lo induce a dar vita ad un libro che il lettore intuisce trattarsi della stessa Recherche.
Infiniti sono i volti che può assumere la madeleine di ognuno di noi. Basta poco per scatenare un ricordo preciso che sembra quasi di rivivere per l’ennesima volta e non puoi farci niente, non puoi fermarlo: ti lasci travolgere. A volte è come noiosa pioggia d’autunno, altre burrascosa tempesta estiva, altre ancora dolce nevicata. Non puoi decidere, succede all’improvviso. Il ricordo ti cattura e tu ti lasci catturare. Per non parlare di quando decidi di andartelo a cercare: un rischio, un bisogno, una magra consolazione o forse una carezza dolce al termine di una giornata amara. Ci piace un sacco ricordare anche quando fa male da morire perchè magari determinati soggetti non fanno più parte della nostra vita, qualcosa è andato storto, eppure c’è stato, lo abbiamo vissuto. Ci piace un sacco ricordare finché un giorno ci svegliamo pensando di aver solo perso un sacco di tempo rievocando ciò che è stato ed è all’ora che ci malediciamo.
Ma cosa stiamo cercando? Siamo tutti in cerca della rivelazione dell’arte come Proust? Chissà forse cerchiamo noi stessi, tanti piccoli pezzi di un puzzle che belli o brutti che siano alla fine compongono l’unicità di ognuno di noi, proprio come le esperienze del noto scrittore alla fine si sintetizzano nella sua grande opera.
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