Parlare di libertà non è mai facile, sia per la sottigliezza del concetto stesso, che crediamo di aver fatto nostro solo perché abbiamo avuto la fortuna di nascere liberi, sia perché, generalmente, molti non si sono mai chiesti cosa significhi vivere senza libertà.
Osservare oggi le fotografie del 1945, osservare uomini e donne, diversissimi per idee e condizioni sociali, circolare per le strade di un'Italia martoriata da cinque anni di guerra, lascia esterrefatti: osservare giovani con in mano fucili e pistole, uomini in eleganti cappotti ormai laceri urlare di gioia in quell'aprile di settantasei anni fa, donne che si erano prese il posto nella Storia che spettava loro, quello di protagoniste, non può che portare chiunque a chiedersi cosa abbiano visto quegli occhi per convincere quella marea di persone a mettere a repentaglio la propria vita pur di cambiare il mondo in cui vivevano.
Con gli occhi di oggi, inconsapevolmente, siamo abituati ad osservare le fotografie e le riprese visive della Resistenza Italiana come reperti storici, testimonianze di avvenimenti che è così strano pensare siano accaduti meno di ottant'anni fa, anni che non possiamo neanche immaginare cosa siano stati: la guerra che arrivava fin dentro casa, il terrore sparso dai nazifascisti, la fame, la sofferenza, cose che nel mondo di oggi sembrano consegnate alla Storia.
Eppure quei reperti ci mostrano cosa sia il coraggio, anche inconsapevole, di lasciare tutto e di recarsi a combattere in luoghi remoti e silenziosi, cosa sia la solidarietà tra persone che magari non si erano neanche mai viste, cosa voglia dire battersi per il più nobile degli ideali, quello della libertà.
Oggi, che sono passati settantasei anni dal 25 aprile del 1945, quando l'Italia si liberò dalle catene in cui il fascismo l'aveva oppressa, mentre nelle grandi città del Nord i tedeschi si arrendevano e i fascisti scappavano, dopo aver dovuto piangere centinaia di migliaia di morti e visto sanguinare le pietre dei villaggi rasi al suolo dai nazifascisti, ebbene oggi è necessario guardarsi indietro, osservare le facce di quelle persone, magari sorridenti, e non dire altro che grazie.
I tempi in cui viviamo hanno portato alla banalizzazione dei concetti non solo di libertà, ma anche di dittatura, un passo pericoloso, una ridicola banalizzazione di quel che una dittatura realmente è, un tentativo bieco di coprire la propria insoddisfazione (e speso anche la propria incapacità di capire quello che sta succedendo) paragonandosi a chi la dittatura l'ha subìta sulla propria pelle.
In questo giorno ci ricordiamo cosa sia stata la Resistenza in Italia, un movimento spontaneo che ha amalgamato persone lontanissime per convinzioni politiche, condizioni economiche, età, religione: un poderoso movimento di riscossa popolare contro chi si era reso complice della rovina del paese, atteggiandosi a padrone, un movimento di rinascita politica e di ricostruzione dello spirito di patria deturpato dal ventennio.
Un movimento che ha saputo raccogliere al suo interno qualunque energia volesse mettersi al servizio della libertà, e che ha trovato il suo epilogo in quel 25 aprile del 1945 a Milano, quando finalmente, dopo venti anni, l'Italia si è di nuovo trovata a respirare l'aria libera.
Quello spirito oggi trova il suo erede nell'istruzione, nella capacità di ragionare in maniera critica, nella solidarietà e nella giustizia sociale, nel rifiuto di qualunque verità assoluta e nel disprezzo della prepotenza e delle prevaricazione, che sono il terreno sul quale fioriscono i rovi avvelenati della dittatura.
Con buona pace di chi, per ignoranza o per malafede, confonde la Resistenza Italiana con una generica guerra comunista, o un "derby tra fascisti e comunisti" come detto in passato, di chi vorrebbe annullare questa giornata, e di chi ancora non la può sopportare.
Senza mai dimenticarci di chi quel giorno non lo poté vedere, di chi ha dato la propria vita per permettere a noi, oggi, di vivere da persone libere e di costruire una nuova Repubblica, democratica e antifascista.
Ora e sempre, Resistenza.
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