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Immagine del redattoreVittoria Giaganini

Machine Gun Kelly: eredità Pop-Punk



Potremmo descrivere l'ultimo album dell'artista multimediale Colson Baker come l'eredità di un genere che credevamo avesse raggiunto l'apice con i Green Day, i Sum 41 e i Blink 182 più di 15 anni fa. Nonostante gli ultimi lavori di queste band siano generalmente insulsi e monotoni, Machine Gun Kelly quest'anno ci ha dimostrato che il Pop Punk non è più anacronistico ma che anzi si è evoluto in qualcosa di nuovo.



Tickets to my downfall, uscito a settembre scorso, potrebbe proprio essere la colonna sonora della rinascita dei vecchi grandi temi: il sentimento di ribellione alle convenzioni e alla società, la celebrazione della propria solitudine e negatività, il bisogno di evasione attraverso musica, droga e alcol, le questioni di cuore e infine la disillusione nei confronti della vita. Tutta questa teen angst è espressa alla perfezione già dal titolo dell’album: "biglietti per (lo spettacolo della) mia caduta" simboleggia infatti la voglia di attenzioni e la creazione di un po’ di sano drama nel pieno stile di uno sfogo adolescenziale. Altre canzoni come Drunk Face o WW III esprimono sempre il tema della ribellione giovanile ma sono principalmente le sonorità che ci riportano indietro nel tempo ad un album dei Blink 182 (sarà forse per la frequente collaborazione col geniale batterista Travis Barker?). Come detto prima però il pop punk si è evoluto: i featuring con vari rapper e altre voci pop alternative come Halsey e Yungblud lo dimostrano bene.

Altre citazioni dal mondo Pop Punk sono immediatamente riconoscibili dai look aggressivi mostrati nei video delle tracce e all’interno del musical diretto e prodotto dallo stesso MGK, Downfalls High, uscito pochi giorni fa: borchie e catene, trucco e smalto alle unghie, capelli disordinati. Tutte caratteristiche che ci ricordano i primi anni 2000, ma forse meno ridicoli.


Tralasciando la banalità della trama e le opinabili doti recitative degli attori, forse scelti soltanto per la loro fama, il musical sopracitato è davvero un discreto progetto che amplifica il valore delle canzoni tratte dall'album e ripropone il topos dell'adolescente incompreso che lotta contro la società. I colori, le ambientazioni, i look e gli intermezzi delle canzoni tratte dall’album rendono questa produzione di nemmeno un’ora un intrattenimento di notevoli potenzialità. Una scena in particolare secondo me esprime l'eredità pop punk al meglio: MGK canta "All I know" su uno sfondo di adulti (rigorosamente incravattati, forse lavoratori alienati dalla routine) che si dimenano e sembrano criticarlo, proprio come genitori boomers incapaci di controllare il figlio ribelle. Inoltre la canzone parla della mancanza di obiettivi ed esprime la disillusione tipica del post modernismo nei confronti del mondo corrotto che prima o poi ingloberà tutti quanti. Il confronto con American Idiot dei Green day potrebbe essere un po’ azzardato in questo caso ma la componente punk è comunque indiscutibile.


Anche se può sembrare un po' patetico vedere un trentenne vestito come un Tik Toker che parla di non voler crescere, vi assicuro che il risultato è un album coerente nel suo genere e un musical di grand'effetto, che ci riportano con un po' di nostalgia le sonorità e i temi del Pop Punk.


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