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Immagine del redattoreVittoria Giaganini

Martin Eden: emancipazione culturale


Certi romanzi, come quelli di Joyce, Woolf e Musil, sono globalmente reputati capolavori della letteratura moderna e vengono ristampati e riletti anche oggi, a quasi cento anni dalla loro prima pubblicazione. Questo avviene perché la letteratura del modernismo ha saputo analizzare l'essere umano, la sua coscienza, i suoi dubbi esistenziali e le sue contraddizioni, scavando nella sua interiorità attraverso figure antieroiche tragicamente tinte di esperienze autobiografiche. Ed è proprio questo tratto - la verità, il bisogno di realismo e concretezza anche nella descrizione dei concetti più astratti - che permette a queste pietre miliari della letteratura mondiale di persistere nel tempo ed ispirare sempre nuovi lettori.


Martin Eden (Jack London, 1909) è uno dei tanti titoli 'classici' che andrebbero letti almeno una volta nella vita e che, proprio come The Great Gatsby, è stato il soggetto di numerosi film e remakes. L'ultimo, di produzione italiana, diretto da Pietro Marcello e con il promettente attore protagonista Luca Marinelli, è una versione diversa della storia, trasposta dagli Stati Uniti a Napoli in un'epoca indefinita. Ma prima facciamo un passo indietro.


LA TRAMA

Un marinaio conosce una bellissima aristocratica e, mosso dall'amore per questa creatura celeste, decide di studiare e di diventare un vero gentiluomo per poter sposarla.


!!SPOILER!!

La sua emancipazione attraverso la cultura sembra andare bene finché il suo sogno di diventare scrittore non gli causa delusioni e lo impoverisce sempre di più, tant'è che il fidanzamento con la nobile Ruth non può portare a nessun matrimonio. Quando però casualmente alcuni giornali decidono di pubblicare i racconti e le poesie del marinaio, la vita di Martin cambia radicalmente e tutti, anche quelli che meno credevano in lui, sembrano ammirarlo e comprendere le sue idee. Ruth addirittura torna strisciante da lui, ma Martin, amareggiato e schifato dall'infinita vanità del tutto, la rifiuta e si suicida.


LIBRO E FILM A CONFRONTO

Per i "puristi" che quando guardano un film tratto da un romanzo si aspettano che la pellicola ricalchi perfettamente le pagine scritte, il film del 2019 è da evitare: ambientato in una Napoli scissa tra ricchi aristocratici e povera gente di paese, Martin Eden è un film italiano che parla di una storia italiana, sospesa nel tempo e attuale nel contenuto. Non è fedele al romanzo - la seconda storia d'amore di Martin e il finale sono diversi - e l'ambientazione storica mette davvero in confusione lo spettatore, ma la recitazione dell'attore protagonista è impeccabile e tanti piccoli dettagli - le intromissioni di riprese d'epoca e il filtro delle immagini che sembra tuffare la macchina da presa in una vecchia fotografia - rendono il film un piccolo capolavoro.


IL MESSAGGIO DI MARTIN

Aldilà delle opinioni personali riguardo alla storia in sé e al film, Martin Eden è un racconto di crescita e di ricerca di se stessi, è una lotta per i propri sogni e per l'emancipazione sociale perfettamente in linea con le tematiche e gli stili degli altri grandi romanzi a lui contemporanei.



Il personaggio di Martin è un esempio dell'uomo moderno, inquieto, insoddisfatto, è la vecchia storia del povero che cerca di riscattarsi, è la nascita e la morte del 'sogno americano'.

Martin ha sempre avuto qualcosa in più rispetto ai suoi compagni - la curiosità - e l'amore per Ruth l'ha spinto a fare il grande passo della cultura, studiando giorno e notte qualsiasi tipo di materia e scrivendo qualsiasi tipo di composizione. Ma presto questo ex bruto capisce che non è oro tutto quel che luccica e che la nobiltà di classe, la ricchezza, il bon ton e il dolce far niente degli aristocratici non sempre accompagnano l'intelligenza, il pensiero critico e l'empatia. E mano a mano che gli anni passano e che Martin perde il sonno a studiare e a sognare di far carriera, il giovane si rende anche conto della falsità che lo circonda, degli strani meccanismi, della logica del profitto e della casualità che governano il mondo. Disgustato da tutti e da se stesso per aver sognato di diventare tutto ciò che adesso odia, Martin capisce di non poter controllare la sua vita e decide di togliersela.


So benissimo che il finale tragico può non piacere a tutti - proprio come i racconti che scriveva Martin non erano apprezzati perché veri e tristi - ma credo che esista un importante messaggio nel romanzo di Jack London: la cultura, l'arte, la scienza, la filosofia sono l'unico strumento che abbiamo per elevarci dal nostro stato di inferiorità ma sono anche mezzi che ci fanno aprire gli occhi sul mondo. E' un'arma a doppio taglio: un po' come Leopardi rimpiangeva gli animali e le persone dell'antichità perché li reputava esseri viventi meno sviluppati e meno autocoscienti dell'uomo moderno, anche Martin alla fine sembra quasi rimpiangere le sue origini brute e povere, il tempo in cui la sua vita era monotona e ordinaria, proprio perché la cultura che tanto gli ha riempito il cuore e il cervello lo ha fatto invecchiare in pochi anni e gli ha fatto odiare la società.

In questa visione che ricorda il ritorno alla natura di Rousseau o il paragone poeta-albatro di Baudelaire, Jack London ha scritto un'opera epocale nella forma e nel contenuto, descrivendo la sete di conoscenza che consuma alcuni esseri umani, romanticamente scissi tra trascendenza (sogni e aspirazioni) e immanenza (povertà, fame, lavoro), coloro che muoiono fedeli ai propri ideali e che vengono derisi da chi non li comprende.


"Le persone d’eccezionale valore sono simili alle grandi aquile solitarie che volano molto in alto nell’azzurro, al disopra della terra e della sua superficiale meschinità"

Martin Eden, Jack London, 1909


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