Se siete dei nostalgici verso un’epoca mai vissuta, Midnight in Paris, film scritto e diretto da Woody Allen, fa al caso vostro.
Il protagonista Gil, interpretato da Owen Wilson, è in vacanza a Parigi con la fidanzata e i genitori di lei. Soffocato dalla vita frenetica di Hollywood e dalla superficialità della compagna, il nostro protagonista si imbatte per puro caso in una magia che, chi è affetto dalla Sindrome dell’epoca d’oro, vorrebbe vivere a tutti i costi! Gil si ritrova a vagare in una Parigi degli anni ’20, tra salotti culturali e circoli letterari, incontrando le figure emergenti dell’epoca: da artisti come Modigliani a scrittori come Hemingway.
Grazie al nostro regista, possiamo assaporare insieme ai personaggi un’atmosfera intrisa degli odori e dei colori di un’epoca a noi lontana.
Una particolarità del tempo, è proprio quella che, una volta passato, mette in risalto le caratteristiche di una certa epoca. Noi che “veniamo dopo” non possiamo fare altro che assorbire ed ammirare tutto ciò che troviamo di più conforme a noi, nei vari periodi storici passati. E’ così che cerchiamo di creare un nesso tra epoche distanti.
Cos’è, però, questa Sindrome dell’epoca d’oro?
E’ la nostalgia verso un passato mai vissuto ma che ci appare più affascinante del nostro presente. Una sensazione di “non essere nati nell’epoca giusta”, e del rifugiarsi in un’epoca passata in cui ci vediamo più compatibili.
“Quelli che vivono nel passato, che credono che sarebbero più felici se vivessero un’epoca lontana”
-Woody Allen, Midnight in Paris
Paul Michael Sheen, definisce la “sindrome dell’epoca d’oro”, descrivendola come “l’idea errata che un diverso periodo storico sia migliore di quello che viviamo”, e ritenendola “frutto di quell’immaginario romantico di quelle persone che trovano difficile vivere nel presente”.
Una finestra mentale che possiamo attraversare, quindi, ogni volta che ne sentiamo il bisogno.
Contrariamente alla depressione, è un desiderio celato in fondo all’anima, un bramare qualcosa che non si ha mai avuto e che mai si potrà avere. Una ricerca continua del proprio animo verso l’ignoto, che trova come risposta l’evadere verso un passato che ci appare più dorato. Il tessere nella propria mente con materiali fragili e preziosi un arazzo di noi stessi, e di una vita che non ci appartiene.
Parlo di quel sentimento che per Victor Hugo era “la gioia di sentirsi tristi”, e che Baudelaire ha tramutato nello “Spleen”. Insomma, un sentimento per nulla meramente contemporaneo e che, anzi, ha spinto moltissimi poeti a far sfociare il loro sentimento di reclusione in bellissime liriche disperate.
Ricordiamo che l’animo di Baudelaire “urlava” all’interno delle prigioni del suo presente e della sua società, di un grido disperato che ci ha lasciato poesie meravigliosamente maledette.
Cicerone stesso sognava di poter camminare a braccetto con Catone il Censore.
Poiché il regista è solito mettere una parte di se stesso, quando non letteralmente se stesso, nei panni dei suoi personaggi, non è da escludere che, proprio come il suo protagonista, anche Allen “sarebbe più che felice di vivere in totale stato di perpetua negazione” (del presente).
Quello della nostalgia è quindi un sentimento comune a moltissimi uomini di tutti i secoli, sentimento che Allen ha colto e ha trasportato in questo bellissimo film.
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