Dopo la settimana di pausa, a seguito del doppio Gran Premio di Aragon (Spagna), il motomondiale si trasferisce a Valencia, sul circuito dedicato a Ricardo Tormo (pilota spagnolo morto prematuramente all’età di 36 anni), l’8 e il 15 novembre, per poi fare tappa in Portogallo, a Portimao, novità nel calendario e ultima gara della stagione, Covid permettendo. L’Italia punta su Franco Morbidelli e Andrea Dovizioso per tornare sul tetto del mondo, a 11 anni di distanza dall’ultimo trionfo di Valentino Rossi.
Il campionato 2020, oltre che per i problemi legati alla pandemia (che ha rivoluzionato il calendario motoristico), sarà ricordato per la sua ampia dose di follia: ricco di emozioni e di colpi di scena, ha visto finora tante sorprese alternarsi sul podio, persino sul gradino più alto, privato del sei volte campione del mondo spagnolo Marc Marquez, ancora “ai box” dopo l’infortunio all’omero destro riportato nel terribile incidente dello scorso 19 luglio, nell’uscita inaugurale della stagione a Jerez (Spagna).
Con il pilota Honda fuori gioco, la rincorsa al titolo sta diventando una lotteria, confermandosi tra le più equilibrate ed avvincenti della storia della MotoGP, trasformandosi nella “occasione della vita” per molti piloti. Di fatto, dopo 11 gare, la lotta per la laurea di campione del mondo vede protagonisti sei contendenti (anche se aritmeticamente ben 14 piloti potrebbero ancora trionfare nella classifica generale), racchiusi in soli 32 punti, con 75 ancora da assegnare. La graduatoria si apre con il leader spagnolo Joan Mir (Suzuki), con 137 punti, seguito dal francese Fabio Quartararo (Yamaha Petronas), da Maverick Viñales (Yamaha), dagli italiani Franco Morbidelli e Andrea Dovizioso (rispettivamente a -25 e a -28 dal leader) e infine da Alex Rin, sesto a quota 105 punti.
Nessuno dei piloti appena citati ha mai vinto un mondiale nella “classe regina” delle due ruote: uno scenario non così assurdo come potrebbe sembrare, dato che gli unici in attività a vantare titoli nel palmares sono l’infortunato Marquez e Valentino Rossi che, dopo essere risultato positivo al Covid-19, è stato costretto a rinunciare al sogno di vincere il suo ottavo campionato in MotoGP (impresa peraltro già complicata visti i tre ritiri nelle ultime gare disputate). Nonostante Rossi sia “in panchina”, il Bel Paese si può consolare, coccolandosi e tifando per un successo di Morbidelli o di Dovizioso, entrambi in piena corsa per il titolo.
Franco Morbidelli, classe 1994, figlio di padre romano e madre brasiliana, campione di Moto 2 nel 2017, è reduce dalla seconda vittoria in carriera, ottenuta nel Gran Premio di Teruel, ad Aragon: un monologo impressionante, in una gara dominata dal primo all’ultimo metro, a testimonianza del giusto feeling che il quasi ventiseienne azzurro pare aver trovato con la sua Yamaha Petronas M1, diversamente dal suo compagno di scuderia Quartararo, in grave difficoltà negli ultimi appuntamenti con l’usura delle gomme. Grande lavoratore, dotato di un’invidiabile professionalità, l’italo-brasiliano è l’esempio di come sia possibile crescere in maniera continua, fino a giocarsi un mondiale, pur non avendo l’estro sfacciato e il talento cristallino di Marquez, Rossi o Stoner (a mio avviso, i tre motociclisti ad oggi più forti del secolo). Dopo due annate sottotono, complice il salto di categoria effettuato dalla Moto 2 nel 2018, il pupillo di Valentino, nonché allievo della VR46 Riders Academy, ha cambiato marcia in questa stagione, sfruttando tutti i consigli del Dottore. Adesso è quarto con 112 punti, ma è lecito chiedersi dove Franco sarebbe in classifica senza la rottura del motore a Jerez e il ritiro dovuto allo spaventoso incidente con il francese Johann Zarco nel GP di Spielberg (Austria).
È proprio a quel Gran Premio d’Austria che risale, ad oggi, l’ultima vittoria di Andrea Dovizioso. Il ducatista ha iniziato la stagione offrendo una buona continuità di risultati, confermandosi come l’anti Quartararo (che pareva essere il favorito dopo le due vittorie iniziali in altrettante gare), assieme a Viñales. Dopo essere stato leader del campionato, seppur per un breve periodo, il trentaquattrenne forlivese ha progressivamente perso il giusto assetto, faticando oltremodo nelle ultime apparizioni e trovandosi a fare i conti con una Ducati Desmosedici capricciosa nella gestione gomme e difficile da condurre nei tratti più guidati. Tuttavia, tra quelli che occupano le prime posizioni, Dovi è sicuramente l’uomo con più esperienza da mettere in campo, accumulata nelle sfide epiche contro Marquez. Inoltre ha concluso gli ultimi tre campionati da vice campione del mondo e Valencia è circuito a lui gradito, come testimonia la vittoria nel 2018: tutti indizi che permettono di rispondere al perché il nostro portacolori potrà giocarsi il mondiale. Senza un sedile per la prossima stagione (Ducati infatti non ha rinnovato il contratto; si parla però del suo possibile avvento in Yamaha nel 2021 come collaudatore), Dovizioso vorrà sfruttare al massimo quella che potrebbe essere l’ultima chance della carriera per mettere in bacheca il titolo di campione del mondo.
I bookmakers, tuttavia, danno come candidato numero uno alla vittoria finale, vista la costanza di rendimento, Joan Mir (5 podi nelle ultime 6 gare, ma mai sul gradino più alto in carriera) e in seconda battuta il transalpino di origini siciliane Quartararo (3 successi finora nel 2020, nessuno come lui in stagione). Nonostante i pronostici, Morbidelli e Dovizioso ci proveranno fino alla fine. L’occasione è troppo ghiotta per farsela sfuggire. Si prospetta un finale da urlo, un arrivo in volata fino a Portimao, alla prima edizione in MotoGP, gara che potrebbe risultare, per questo motivo, la più equilibrata del calendario nel momento clou della stagione. Vietato mollare: ora come non mai vale il motto del “Chi osa vince”.
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