“Prisencolinensinainciusol
In de col men seivuan
Prisencolinensinainciusol ol rait”
Questi sono i primi versi di Prisencolinensinainciusol, canzone di Adriano Celentano, riarrangiata più recentemente da Madame a Sanremo; ma cosa dice di preciso la canzone? Boh! Neanche un madrelingua inglese saprebbe tradurla… ed è proprio qui il punto: questa canzone non è in inglese, bensì in grammelot! Ora resta solo da capire cos’è il grammelot.
Da Treccani Online “Il grammelot è un linguaggio scenico che non si fonda sull’articolazione di parole, ma riproduce alcune proprietà del sistema fonetico di una determinata lingua”. In parole più povere, è un artificio teatrale con cui un attore fa finta di parlare una lingua straniera, senza in realtà proferire parole vere ma imitando la cadenza, gli accenti e i suoni più tipici di quella lingua.
Inutile dire che si tratta di una tecnica difficile da padroneggiare: se si vuol descrivere una scena o comunicare un messaggio senza usare parole sensate, l’unico modo per riuscirci è utilizzare la gestualità. Non a caso il “fondatore” di questa tecnica, colui che la portò alla ribalta, fu niente di meno che il grande Dario Fo, insomma uno che in quanto a mimica facciale e corporea non aveva niente da imparare da nessuno.
Fo usava la tecnica del grammelot in vari suoi sketch; molto celebre quello della “fame dello Zanni”, all’interno dello spettacolo “Mistero buffo”, che descrive un contadino veneziano del ‘500 il quale, molto affamato, si addormenta e sogna di mangiare il suo stesso corpo: la scena è descritta in un grammelot lombardo-veneto medievale, eppure è estremamente comprensibile grazie alle doti attoriali di Dario Fo. Successivamente egli applicò la tecnica del grammelot a moltissime altre scene, in lingue diverse.
Fo sosteneva di non essere l’inventore del grammelot, il quale discenderebbe dai giullari medievali e dagli attori della “Commedia dell’arte” i quali, per farsi comprendere dal pubblico che di volta in volta si trovavano davanti nei loro viaggi, erano costretti a ricorrere a lingue ibride, alle cui manchevolezze dovevano sopperire con la mimica.
Oltre all’origine della tecnica stessa, è piuttosto incerta anche l’origine del nome; forse viene dal francese grommeler (borbottare), oppure potrebbe essere esso stesso un nome composto da varie voci francesi: gram(maire) grammatica, mel(er) mescolare e (arg)ot gergo.
Se anche i grammelot di Dario Fo restano fra i più noti e apprezzati, esistono altri attori che si sono cimentati con questa tecnica. Già prima di Fo venne Charlie Chaplin con la canzone del film “Tempi moderni” e il monologo di Hynkel in “Il grande dittatore”. In Italia è doveroso citare il compianto Gigi Proietti, che nella sua carriera si è esibito in grammelot linguistici e dialettali, dall’inglese al napoletano: come ho già detto bisogna essere molto spigliati ed espressivi per utilizzare questa tecnica, e Gigi, così istrionico e versatile, era perfetto.
Un altro esempio curioso e simpatico di grammelot sono le poesie di Fosco Maraini della raccolta “Gnosi delle fanfole”, fra cui forse conoscerete la divertente poesia “Il lonfo” (peraltro declamata anche questa da Proietti: non si è fatto mancare niente!). Più propriamente questa poesia è un esempio di metasemantica: delle parole nonsense ma dal suono evocativo, inserite all’interno delle corrette strutture grammaticali di una lingua.
Grammelot puro è invece, appunto, il già citato Prisencolinensinainciusol di Celentano. Adriano, infatti, forse non sarà un grande attore, ma una qual certa espressività gli va riconosciuta, assieme a una discreta dose di mobilità e gestualità (è pur sempre il “molleggiato”). A mio avviso poi, la performance di Madame sul palco dell’Ariston ha reso giustizia al brano originale… non so che ne dite voi.
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