-Breve storia dei memes e di come trasformano il nostro rapporto con la comicità-
Immaginate la scena: siete comodamente seduti sul divano a vedere la televisione o meglio state solo sentendo le voci in sottofondo mentre siete impegnati a spippolare su Instagram. Ad un certo punto, scorrendo i post della home, vi imbattete in un meme divertente e accennate una risata sotto i baffi. Poi incuriositi andate a visitare quella pagina veramente troppo geniale e trovate un post ancora più spiritoso. Ormai non riuscite più a trattenervi e state ridendo apertamente, sotto gli sguardi interrogativi di chi vi è intorno. E così, una volta mostrato il meme incriminato agli amici e ai parenti seduti accanto a voi, state tutti sghignazzando allegramente, fatta eccezione per l’over 60 poco tecnologico che si sta ancora chiedendo chi è l’uomo che gli avete posto sotto gli occhi, se è un vostro amico e perché avete una sua foto. Quante volte si è ripetuto uno quadro del genere? Da qualche anno a questa parte i memes stanno spopolando sui social come anche le gif e gli adesivi. Stiamo assistendo ad un vero e proprio boom. Sull’onda dei memes il nostro rapporto con l’umorismo si sta lentamente trasformando. Ma andiamo con ordine…quando è iniziata l’era dei memes?
Sebbene già la satira giornalistica possa esserne considerata un antenato, anche se in forma più intellettuale, la golden age dei memes comincia con l’avvento dei social. Nei primi anni 2000 si diffondono le prime vignette umoristiche soprattutto su Facebook. Forse qualcuno si ricorderà di quelle caricature –più simili a omini pelati che a umani veri e propri- ritratte in tutti gli umori possibili, dalla “poker face” alla disperazione totale, che circolavano sulle bacheche anni or sono.
Con l’approdo di Instagram sui nostri smartphone i creatori di memes si sono sbizzarriti sempre di più e adesso ne esistono veramente per tutti i gusti: dai classici intramontabili che bene o male strappano sempre un sorriso come quello della donna bionda con lo sguardo perso e concentrato circondata da calcoli matematici a quelli i cui protagonisti sono personaggi televisivi come Gerry Scotty, Alberto Angela, calciatori o anche politici. A questo proposito, come dimenticare il video del nostro caro presidente Mattarella che si pettina i capelli prima della diretta televisiva? Ma in questa categoria di memes attualmente protagonista indiscusso è sicuramente Giuseppe Conte. E’ lui la vittima (o star?) preferita, immortalato mentre spiega l’ultimo Dpcm con movimenti netti delle mani o circondato da cuori e scritte rosa -non può che essere opera delle “bimbe di Conte”- o ancora con indosso le coloratissime scarpe della Lidl. Materiale significativo in quest’ambito giunge anche dal resto del mondo, in particolare dall’Inghilterra dove il principino baby George ha regalato ai paparazzi tanti bronci e sorrisi compiaciuti che in un batter d’occhio si sono diffusi sui social.
Con il tempo i contenuti umoristici si sono fatti via via più ricercati per riuscire a strappare una risata anche ai tipi più incontentabili tra una platea di utenti indistinta. E così in alcuni casi è stato abbandonato il meme in favore della più semplice e diretta fotografia. Troviamo pagine Instagram che raccolgono foto di animali colti in posizioni bizzarre o perché no di forze dell’ordine immortalate mentre indicano qualcosa. E’ questa una delle proposte più stravaganti dei social. Di fatto la visione di carabinieri indicanti un computer non suscita nemmeno l’idea di un sorriso, ma per qualche inspiegabile motivo l’effetto è proprio quello. Chissà se c’è dietro qualche tecnica di psicologia inversa…
Di recente il meme si è evoluto. Da statico si è fatto dinamico. Sono nate così le gif: immagini animate ormai all’ordine del giorno in ogni conversazione su Whatsapp. Novità ancora più fresca sui social (si fa per dire, sono stati diffusi da ormai due anni) sono gli stickers. La loro particolarità è che possono essere “home-made” raffiguranti i nostri amici nelle pose e espressioni più strampalate.
Le innovazioni nel campo della “satira virtuale” stanno procedendo a un ritmo frenetico, riscontrando ampi consensi. Il meme deve il suo successo alla capacità di reinventarsi e alla sua natura interattiva: essendo variabile all’infinito, lo stesso frame può indurre in una risata più volte se accompagnato da intestazioni diverse. In più ognuno può essere autore di un proprio contenuto. Un altro punto di forza sta nella loro immediatezza e universalità. Facilmente riconducibili alla vita quotidiana, consentono infatti di elevare a livello pubblico un accadimento della sfera privata. Così, dopo l’immedesimazione nel contenuto proposto, la condivisione con amici e parenti viene spontanea e la diffusione ha inizio.
In alcuni casi l’umorismo dei memes può essere utilizzato come strumento di denuncia. Personaggi politici possono velocemente diventare “icone” in cui si incarnano luoghi comuni, vizi e virtù. Essendo un’arma in mano a chiunque, ogni cittadino insoddisfatto può sfogare il suo malcontento sui social creando una satira virtuale. In questi casi l’ironia rischia di sconfinare nella diffamazione e nel cattivo gusto.
In più, in quest’ultimo anno, complice la pandemia, i contenuti virtuali a tema ironico sono aumentati in maniera sproporzionata, come dimostrato da più studi. Gran parte dei video-parodie e vignette virtuali create vertono infatti sul coronavirus, sui decreti di Conte, sulla quarantena e l’uso ossessivo-compulsivo dell’amuchina. Il fine non è affatto sminuire la situazione ma offrire un diversivo, un sollievo dallo stress e dalla paura. È stato infatti dimostrato che, nei momenti avversi, ricorrere all’umorismo per esorcizzare la paura e le preoccupazioni è un’abitudine più che frequente. Sapere che stiamo tutti provando le stesse emozioni e attraversando le stesse difficoltà offre conforto e ci unisce gli uni agli altri. Per non parlare poi degli effetti benefici che una sana risata può avere sul nostro organismo. La comicità sta diventando una zattera di salvataggio dalla quotidianità e un motivo di unione e vicinanza tra connazionali.
Insomma, alla fine, se una risata non ci salverà la vita almeno ci aiuterà a vivere meglio.
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