Ormai sono poche le ore che ci separano dalla cerimonia inaugurale dei Giochi Olimpici. Un’attesa infinita, durata cinque anni, per gli atleti che tenteranno di varcare le porte dell’Olimpo, un monte che, mai come quest’anno, è risultato ostico da scalare. Tokyo 2020 scalda i motori: l’emozione è alle stelle, così come il timore per l’impennata di contagi che anche il Giappone è costretto a fronteggiare a causa della variante Delta, con i primi casi all’interno del villaggio olimpico, già oltre i cinquanta. La scelta del CIO di mandare in scena le Olimpiadi senza pubblico è già negli annuali dello sport a cinque cerchi, dopo quella del rinvio di un anno della rassegna per la prima volta nella storia. Una situazione simile a quella vissuta nel primo dopo guerra, quando il pianeta fu stravolto dalla pandemia di influenza spagnola, che causò la morte di 50 milioni di persone. Ma, diversamente dal 2020, i Giochi, previsti nel 1920 ad Anversa (Belgio), si disputarono regolarmente e furono addirittura i primi in cui fu recitato il giuramento olimpico e sventolata la bandiera a cinque cerchi nello stadio principale della manifestazione.
Sarebbe stato un duro scotto da pagare per la città giapponese non riuscire ad aprire le porte dei propri palazzetti, padiglioni, stadi e piscine. O meglio, quasi un deja vu. Di fatto, delle tre edizioni olimpiche cancellate nella storia (1916, 1940, 1944) per i conflitti mondiali, quella del 1940 avrebbe dovuto svolgersi proprio nella capitale del Sol Levante.
Dunque, seppur a fatica e con uno sforzo lodevole di organizzatori e addetti ai lavori, le Olimpiadi prenderanno il via venerdì, per poi concludersi l’8 agosto, a meno di un rinvio last-minute che appare remoto nonostante i casi di positività.
UN’ITALIA DA RECORD
In casa Italia si respira un clima apocalittico: la finale a Wimbledon di Matteo Berrettini, primo italiano a riuscirci in 134 anni di storia del torneo; la nazionale di Softball vincitrice del Campionato europeo; la qualificazione dell’ItalBasket dopo 17 anni di astinenza, battendo a Belgrado in finale la favorita Serbia; il cammino trionfale degli azzurri del CT Mancini a Euro 2020 (seppur il Bel Paese non si sia qualificato nel calcio maschile, dato che le 4 nazioni europee ad avere accesso al torneo olimpico sono Francia, Germania, Romania e Spagna, semifinaliste all’Europeo Under 21 del 2019)... un luglio da urlo per lo sport tricolore, che sta alimentando ancor di più il fuoco e la passione nel cuore dei tifosi in attesa di Tokyo. In Giappone è record italiano di partecipanti che hanno strappato il pass olimpico nei vari appuntamenti di qualificazione. Sono infatti ben 384 gli azzurri, che il 23 sfileranno alla cerimonia di apertura dietro ai due portabandiera: la tiratrice a volo Jessica Rossi e il ciclista Elia Viviani, entrambi oro, rispettivamente a Londra 2012 e a Rio de Janeiro 2016.
Obiettivo per i nostri portacolori? Alla vigilia risulterebbe un successo sforare quota 30 medaglie, il che non accade da Atene 2004 (10 ori, 11 argenti e 11 bronzi), dopo le 27 di Pechino e le 28 di Londra e Rio. Questo traguardo non è irraggiungibile alla luce del fatto che abbiamo carte pesanti da calare soprattutto in discipline come nuoto, scherma, tiro a volo, ciclismo e sport di combattimento.
Ma chi saranno i protagonisti della spedizione italiana? Eccone alcuni, che potenzialmente potrebbero dipingere di azzurro il cielo sopra Tokyo e vestirsi d’oro, d’argento o di bronzo.
Il talento: Benedetta Pilato (nuoto, 100 m rana)
Impossibile non pensare a lei, alla piccola grande stella del nuoto italiano. La classe 2005, dopo aver compiuto il suo ingresso tra le grandi con l’argento ai Mondiali di Gwangjiu (Corea del Sud) due anni fa, si è confermata anche quest’anno su livelli supersonici, disintegrando record su record. Benedetta è solita partire a fionda dai blocchi di partenza, una molla, per poi dettare il passo in corsia, facendo gara di testa e imponendo una frequenza di gambata e bracciata insostenibile per le avversarie. Così, almeno, è stato in gran parte delle apparizioni di questo 2021, come in occasione degli Europei di Budapest, dove è diventata primatista mondiale nei 50 metri rana, specialità della casa. Purtroppo in Giappone non si gareggerà su questa distanza. La tarantina si dovrà accontentare dei 100 metri rana, disciplina in cui storicamente fatica di più, cedendo di solito alle migliori centesimi fondamentali in virata. E il nono crono stagionale ne è la dimostrazione. Tuttavia, pur non partendo con i favori dei pronostici, riuscirà la sedicenne a stupirci ancora una volta e a mettersi un metallo pregiato al collo?
La sorpresa: Marcell Jacobs (atletica, 100 m piani)
Un clamoroso podio a cinque cerchi è il sogno dell’italo americano. Jacobs, primatista italiano nei 100 metri piani, corsi in 9’’95 al meeting di Savona a maggio, si presenta a Tokyo per scrivere una pagina storica dello sport azzurro. Invero nessun velocista italiano ha mai raggiunto la finale alle Olimpiadi. La sensazione è che, alla luce della splendida gara di Montecarlo in Diamond League dello scorso 9 luglio, conclusa con uno straripante terzo posto, spalla a spalla contro quasi tutti i pretendenti alle medaglie a Tokyo, il fulmine azzurro possa avere chance concrete di almeno strappare il pass per l’atto conclusivo. Se dovesse arrivare qualcosa di più pesante, tanto meglio! Anche se il compito rimane arduo, l’occasione è ghiotta, se si tiene in considerazione che in media, da Rio in poi, i 100 metri piani sono stati corsi con 30 centesimi in più rispetto ai record stagionali del quadriennio olimpico 2008-2012. Jacobs non ha niente da perdere. Inoltre l’imprevidibilita’, che sempre viene offerta sul bancone nelle gare olimpiche, potrebbe giocare un ruolo fondamentale: speriamo che dia una spinta, anche di fortuna, al nostro Speedy Gonzalez. Per l’impresa!
La conferma: Frank Chamizo (lotta libera, categoria 74 Kg)
1 bronzo olimpico, 2 titoli e 4 medaglie mondiali, 4 titoli e 6 medaglie europee è l’invidiabile palmares del lottatore italo-cubano Frank Chamizo che, nel lustro tra Rio e Tokyo, è salito sempre sul podio in ogni rassegna mondiale o europea, ad eccezione dei Mondiali del 2017, dove la sua cavalcata nel torneo si è fermata al quinto posto. Il ventinovenne è una delle carte da medaglia più preziose per l’Italia. Di fatto qualsiasi risultato diverso dal portare a casa un metallo pregiato sarebbe sicuramente oggetto di amarezza.
Obiettivo migliorare il bronzo conquistato a Rio e chiudere il cerchio di una carriera strepitosa con l’oro olimpico nei 74 kg. Si profila comunque un’impresa impervia: per scalare la vetta dell’Olimpo servirà battere avversari temibili come il russo Sidakov (vincitore degli ultimi due Mondiali) e l’americano Dake.
La scommessa: Gregorio Paltrinieri (nuoto, 800 m stile libero/1500 m stile libero/10 km fondo)
Inaspettato come nome per una scommessa? Forse. Tenendo conto che il nativo di Carpi ha iniziato proprio in questa stagione a dettare legge anche nelle lunghe distanze in acqua libera, una sua medaglia a Tokyo parrebbe scontata. O di riffa o di raffa, che sia in corsia o nel nuoto di fondo, non dico che vederlo sul podio sarebbe stato una formalità, ma restare fuori dalla lotta per gli allori sicuramente una cocente delusione. D’altronde l’azzurro giunge alle Olimpiadi con il miglior crono stagionale negli 800 metri stile e forte delle 5 medaglie conquistate agli scorsi Europei. Tutto ciò, però, rischia di essere vanificato dalla mononucleosi che ha colpito il campione italiano a fine giugno. Doccia fredda, freddissima. Vero è che la forma presa dall’azzurro non è delle più aggressive e difficili da debellare, ma la mononucleosi è una delle malattie infettive contagiose più debilitanti per il fisico di un atleta, a rischio ex-post di sindrome da fatica cronica. In sostanza, la condizione di Gregorio, benché abbia continuato ad allenarsi, con carichi di lavoro comunque ridotti, sarà tutta da valutare: avremo la prima risposta il 27 luglio, quando Paltrinieri entrerà in acqua per disputare le batterie degli 800 metri. Fiato sospeso. La sensazione, secondo me, è che una sua medaglia avrebbe del miracoloso, una scommessa che può essere vinta come persa.
La squadra: fioretto, scherma
La scherma è da sempre uno dei principali bacini di medaglie dell’Italia alle Olimpiadi. Anche in questa rassegna di Tokyo la squadra azzurra afferma di avere grandi ambizioni, presentandosi con una spedizione molto competitiva. Mai come questa volta, però, fare dei pronostici è molto difficile, poiché le competizioni internazionali sono state esigue negli ultimi due anni e dunque si arriva al grande evento con svariate incognite e con qualche certezza in meno. Tuttavia il Bel Paese dispone di ampie chance di medaglia, specialmente nel fioretto, disciplina in cui godiamo del campione olimpico in carica Daniele Garozzo, dei campioni del mondo nel 2018 Alessio Foconi (nonché numero uno attuale nel ranking mondiale) e Alice Volpi, a cui si aggiunge Arianna Errigo, che vanta un palmares pesantissimo con due medaglie olimpiche (tra cui l’argento individuale mozzafiato di Londra, sul podio tutto tricolore, con Elisa Di Francisca e Valentina Vezzali a completare la top 3) e ben 18 metalli mondiali tra prove a squadre e in singolo. Per quanto concerne le gare a squadre, le sfide più quotate per l’oro sono Italia-Stati Uniti in campo maschile, Italia-Russia nel femminile. In conclusione, la scherma potrebbe essere un cruciale crocevia per il successo o meno dei nostri nel medagliere finale.
Menzione speciale: Federica Pellegrini (nuoto, 200 m stile libero)
Lo so, sono ripetitivo. Per le 6 “categorie” citate, 3 sono nuotatori. Ma non è un caso: probabilmente, come mai successo prima d’ora, gli sport acquatici potrebbero risultare i più felici per lo Stivale in termini di medaglie. Soprattutto il nuoto, piuttosto che i tuffi, sta vivendo un periodo d’oro, come testimonia il terzo posto nel medagliere degli Europei disputati lo scorso maggio, con tanto di record assoluto di podi (44), e il sesto ai Mondiali del 2017 e del 2019. Ed è proprio nelle ultime due rassegne iridate che è rinata Federica Pellegrini, la divina, al riscatto dopo la finale massacrante di Rio, in cui concluse quarta a soli 26 centesimi dal bronzo. Due ori mondiali a Budapest e a Gwangjiu, come antidoto per zittire tutti coloro che la criticavano e la davano per finita. Ora, tuttavia, l’impero di Federica in vasca sta per tramontare veramente: quelli di Tokyo dovrebbero essere i suoi ultimi 200 stile in una rassega iridata. La trentaduenne, argento ad Atene a soli 16 anni e oro a Pechino, tenterà di acciuffare la finale e provare a conquistare una medaglia, il che ad oggi sembra difficile da pronosticare, visto il suo tempo di qualificazione alle Olimpiadi, di oltre due secondi più alto rispetto a quello della primatista mondiale stagionale. Ma la divina ci ha dimostrato negli anni come niente sia impossibile, come dopo delusioni fragorose ci si possa rialzare più coriacei che mai. Noi tifosi, indipendentemente dal risultato, tiferemo: saremo pronti (o forse no) coi fazzoletti in mano, a commuoverci, a salutare e a ringraziare la storia del nuoto femminile italiano. Immensa Federica.
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