Con l’inizio della pandemia preoccuparsi della propria salute e di quella di chi ci sta a cuore è diventata una priorità. Se già prima, con l’arrivo del freddo, si cercava di non ammalarsi con delle piccole accortezze, ora le azioni che si fanno per sentirsi al sicuro sono aumentate. Dal vestirsi più pesanti al prendere integratori e vitamine, cerchiamo costantemente di scansare anche la più innocua delle influenze.
Tuttavia, la salute fisica non è l’unica a doverci preoccupare. La salute mentale, da sempre considerata un tabù, è una tematica che purtroppo ancora oggi non è affrontata sufficientemente. Con i primi lockdown e l’emergenza sanitaria che stiamo vivendo, i problemi di ansia, depressione, stress e attacchi di panico sono in costante aumento. Chi già prima soffriva di disturbi mentali, ora si trova ad avere notevoli peggioramenti e chi non ne soffriva si trova a sperimentare nuovi disagi. In Italia il Centro di Riferimento per le Scienze Comportamentali e la Salute mentale dell’ISS ha avviato delle ricerche sin dai primi inizi della pandemia, cercando di creare sondaggi sulla qualità di vita della popolazione italiana durante i vari lockdown. Dagli studi, infatti, è emerso che gran parte della popolazione ha avuto molti episodi di solitudine, tristezza, preoccupazione e che in alcuni soggetti si sono sviluppati sintomi di ipocondria.
Anche adesso che il nostro Paese sta cercando di ritornare a una sorta di “normalità” permettendo di andare a lezione e a lavoro in presenza, di viaggiare e di vivere quasi liberamente come prima della pandemia COVID, i disturbi sopracitati non sono diminuiti. Questo perché, purtroppo, stare chiusi in casa è diventata per molti un’ abitudine, una “comfort zone” tanto da far sviluppare problemi come ansia sociale, soprattutto negli adolescenti. Molti liceali, dopo la riapertura delle scuole, hanno riscontrato fatica, ansia e stress nel ritornare in presenza e hanno dichiarato di preferire la didattica a distanza. Non da sottovalutare i giovani adulti, come gli universitari, che di fronte alla possibilità di scegliere tra la didattica a distanza e la frequenza in aula su prenotazione, scelgono in grande percentuale, per comodità, di seguire dal pc nella propria camera. Sebbene quest’ultima scelta non sia sempre legata ad un disturbo mentale, non è da minimizzare poiché rinunciare alla vita universitaria per stare comodi in casa potrebbe, a lungo andare, creare uno spettro di depressione.
Cosa possiamo fare, quindi, per aiutare chi soffre durante questo periodo storico particolare? Come possiamo diffondere l’importanza della salute mentale per prevenire ulteriori disagi e tabù tra i più giovani? Sicuramente parlarne e diffondere il messaggio è un primo passo molto valido. È importante che insegnanti, genitori e figure adulte di riferimento parlino di queste tematiche con i più giovani, ricordando loro che c’è sempre un aiuto. Infatti, molte scuole e atenei, come anche quello fiorentino, hanno a disposizione sportelli di aiuto psicologico gratuiti e promossi dalle scuole stesse per aiutare chi è in difficoltà. Queste ultime sono iniziative fondamentali per far capire che la salute mentale non è meno rilevante di quella fisica.
Giulia Favagrossa
Fonti : epidemiologia per la sanità pubblica, ISS e ricerche personali.
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