Ammettiamolo, quanto è difficile ottenere la parità tra i sessi? Inutile girarci intorno, essere donne al giorno d’oggi, così come nel passato, non è facile. Forse per più di una serie di motivi.
In questo articolo ci soffermeremo però solo sul mondo sportivo (le varianti di cui potremmo discutere sarebbero davvero troppe per essere trattate in un unico articolo), in particolar modo su quello degli scacchi (sì, anche questi sono uno sport).
Considerando la situazione attuale, non è poi così raro trovare donne competere in questo sport, nonostante esse compongano soltanto l’11% della totalità dei giocatori. La cosa rara è, però, vedere il gentil sesso competere con quello opposto. Da una parte, potrebbe sembrare esagerato sottolineare questo aspetto perché, insomma, non sarebbe il primo sport a differenziare le competizioni in base al sesso del giocatore; dall’altra, è il vero motivo del perché questa stessa distinzione esista, a far storcere il naso ai più: giustificazione primaria di ciò, è infatti considerata da molti la distribuzione del quoziente intellettivo tra i sessi (riassumendo, gli uomini vengono considerati “più intelligenti” delle donne). Sì, perché secondo molti ricercatori, un individuo con un maggior quoziente intellettivo ha più possibilità di vittoria rispetto ad un altro con QI inferiore e con solo molta pratica dalla sua parte.
Per chiarificare meglio questo dato, citeremo uno studio pubblicato nel 2005 sul «British Journal of Psycology», in cui viene dimostrato che le persone che raggiungono un quoziente intellettivo eccezionale sono per lo più uomini; trascrivendo le parole dello studio stesso: “ad ogni cinque «geni» maschili corrisponde una sola donna”. Da questa ed altre affermazioni simili, e soprattutto da ciò che è stato possibile (e, per un certo verso, lo è ancora) vedere all’interno dell’ambiente scacchistico, in cui le classifiche sono occupate prevalentemente da Grandmasters di sesso maschile con la presenza di qualche giocatrice soltanto a partire dal sesto posto in poi, sembrerebbe essere confermata questa tesi. Gli uomini sono migliori giocatori di scacchi.
È davvero così?
Il gioco degli scacchi è basato sulla riflessione e sulla strategia. Ma, parlando di giocatori vivi e vegeti, non possiamo sicuramente trascurarne il lato emotivo. Oltre alla pressione data dall’aspettativa (degli altri, ma anche propria), vanno considerate anche emozioni come la speranza, la paura e, perché no, l’ansia. Emozioni che, in apparenza, tenderebbero ad influenzare maggiormente le prestazioni di una giocatrice donna (a tal proposito, basterebbe ascoltare o vedere una qualsiasi intervista di Robert James Fischer, nelle quali espone le sue, e, sfortunatamente, quelle di molti suoi altri colleghi scacchisti idee sulle competitrici del sesso opposto) rispetto ad altri competitori.
Tra gli altri, potremmo analizzare anche fattori come, ad esempio, quello economico: così come in tutti gli sport, per le competizioni femminili si tende ad avere un investimento minore ed un montepremi inferiore rispetto a quello di qualsiasi altra competizione maschile; questa disparità ne comporta conseguentemente una numerica, possibile da notare solo osservando il numero delle donne totali in questo ambito, costituenti circa un decimo dei partecipanti totali. La diversificazione di questi tornei, infatti, non fa altro che rafforzare questa distinzione.
Distinzione che il professore di economia dell’Università di Manchester Peter Backus è riuscito a descrivere grazie ad informazioni provenienti proprio dal mondo degli scacchi, prendendo in considerazione partite giocate in ogni parte del globo tra il 2012 e il 2013. Grazie a questo esperimento, oltre ad aspetti come la discriminazione e la differenza di abilità cognitive, è stato evidenziato un ulteriore elemento che accresce la superiorità del sesso maschile in questo sport: la differenza nei livelli di competitività tra i due sessi. Come esempio di questo dato, prenderemo in considerazione un articolo pubblicato nel 2003 sul Quarterly Journal of Economics, di Uri Gneezy ed Aldo Rustichini, il quale “dimostra” come le donne, quando si trovano in un contesto competitivo, tendano ad avere prestazioni peggiori rispetto agli uomini. Insomma, gli uomini reagiscono meglio sotto pressione, mentre le prestazioni delle compagne tendono a subire un forte calo.
Nonostante ciò però, già dagli anni Novanta, le donne sono riuscite a ridurre la distanza che le separa dagli uomini nella classifica mondiale di circa un terzo, mostrando così un miglioramento della propria media di circa duecento punti ELO (unità di misura dell’abilità di un giocatore di scacchi), arrivando addirittura a divenire “Grande Maestro” per anni: da evidenziare, è sicuramente la carriera di Judit Polgar, considerata da molti la miglior giocatrice della storia, che ha conquistato il riconoscimento più alto che possa essere attribuito ad un giocatore di scacchi a soli quindici anni, divenendo il più giovane Grande Maestro di sempre, uomini compresi, fino al 1994.
A questo punto una domanda sorge spontanea: esistono davvero delle differenze così sostanziali nell’intelligenza tra uomini e donne? Per studiare tali differenze, sono stati impiegati diversi strumenti (tra i quali il fattore G di Cattel o il test delle Matrici progressive) ma nessuno di essi ha individuato differenze significative. Esistono però delle differenze sostanziali quando si inizia ad entrare più nello specifico in particolari ambiti: le donne sono più propense ad una maggiore velocità di elaborazione, mentre gli uomini ottengono risultati migliori nei test aritmetici e di comprensione meccanica.
Bisogna tener conto però, che le distinzioni citate sino ad ora appaiono affievolirsi col passare del tempo, mostrando che le differenze osservate in qualsiasi ambito (in questo caso in quello scacchistico) siano riconducibili ad una mancanza di attitudine o semplicemente a stereotipi.
La società ha avuto un ruolo centrale nello sviluppo di tali differenze, non permettendo alle giocatrici di scacchi donne di avere i medesimi contatti o competizioni (o forse sarebbe meglio dire opportunità?) rispetto agli uomini, entrati a contatto con questo mondo fin dalla
tenera età. La loro capacità non è quindi inferiore, ma ancora da scoprire.
“Le Polgar hanno dimostrato che non ci sono limitazioni intrinseche alle loro capacità: un’idea che molti scacchisti rifiutarono di accettare, fino a quando non furono schiacciati senza troppe cerimonie da una dodicenne con la coda di cavallo” Piergiorgio Odifreddi, Il genio delle donne.
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