Recensione di “Solo Tutto”
-“Quanto è difficile scrivere il secondo disco / Soprattutto se col primo diventi ricco”- da “Casa Nuova”
Dal freddo Nord di Varese, a Mezzanotte, è uscito il nuovo album chiamato “Solo Tutto” di Massimo Pericolo (nome d’arte di Alessandro Vanetti), il secondo dopo il successo di “Scialla Semper”. Il disco, iniziato a scrivere subito dopo l’esordio del primo, si presenta come un confronto tra noi e “Vane”, contenendo pochi (ma buoni) featuring (Venerus, Salmo, Madame e J Lord) e concentrandosi prevalentemente su se stesso e sulla sua vita attuale.
L’album si apre con “CASA NUOVA” dove accetta le difficoltà della scrittura di un secondo album, che, come diceva Caparezza in “Il Secondo Secondo Me”, è il più difficile nella carriera di un’artista; il pubblico si aspetta infatti qualcosa di innovativo, che non ripeta i cliché della prima uscita ma neanche che esca troppo dal genere in cui ci si è affermati.
Dopo la presentazione, entriamo in una serie di storie sia autobiografiche sia non, dove il rapper ci mostra a suo modo la vita dei reietti e degli abbandonati dalla società anche tramite l’utilizzo di titoli schietti e volgari, com’è la vita di strada. Questo tema viene dipinto violentemente sia in “BUGIE” sia in “FUMO”, in cui viene raccontata in prima persona la storia di uno che va a farsi giustizia, ma viene ucciso per colpa della sua esitazione; ciò racchiude sì il messaggio di Massimo Pericolo, ma anche di un altro grande difensore dei deboli, De Andrè, dove in “Nella mia Ora di Libertà” cantava: “C’hanno insegnato la meraviglia verso la gente che ruba il pane, ora sappiamo che è un delitto il non rubare quando si ha fame”.
Non manca però l’Amore, tema ricorrente nelle produzioni dell’artista che lo definisce insieme al genere femminile una “droga”, rintracciabile nella conclusiva “STUPIDO”, vecchia canzone caricata su Soundcloud e rappata sopra la base di "Star Shopping" di Lil Peep, rifatta da Crookers per ovvi motivi di copyright.
Il Vanetti di “Solo Tutto” è una persona nuova, non sputa più addosso al mondo e brucia tessere elettorali come in “7 Miliardi”, ma grida a se stesso ed ai suoi traumi, tra cui la depressione; l’artista infatti nonostante il benessere economico non è riuscito né a liberarsi dalla gabbia mentale che lo imprigiona né a compiere una catarsi. Si percepisce ancora nelle sue parole lo sconforto e la violenta protesta di chi vorrebbe finalmente star bene, di chi ha i soldi ma non ha ottenuto la tanta agognata felicità.
Fenomeno di questi ultimi anni, era tanto che nella scena rap/hip-pop italiana mancava il personaggio di un anti-eroe, un Fabri Fibra degli anni Venti: Massimo Pericolo incarna alla perfezione questa figura, facendosi comprendere sia da chi vive o ha vissuto la quotidianità del fallito, sia da chi proviene da un contesto sociale non deleterio, che può apprezzare il disco allo stesso modo in cui si apprezza un film fantascientifico, come dice ironicamente Massimo in un’intervista a Rolling Stone.
Vi consiglio quindi caldamente di ritagliarvi un’oretta ed ascoltare quest’album, che più che musica è un capolavoro.
Emanuele Nesti
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