Quale miglior regista, per gli amanti del thriller e delle storie di mistero, di Alfred Hitchcock? Dimenticare per un breve tempo le nostre vite e identificarsi nei protagonisti del maestro del brivido è una delle esperienze cinematografiche più avvincenti. Le opere del direttore britannico, caratterizzate da particolari scelte scenografiche, mantengono sempre un’ambientazione suggestiva, risultando al tempo stesso coinvolgenti e innovative. L’arte del famigerato regista, grazie alla sua incredibile capacità di scavare a fondo nei meandri del cuore umano, incatena lo spettatore allo schermo, tenendolo sulla corda per tutta la durata dei film. Ne è un esempio calzante “La donna che visse due volte” (Vertigo) uno dei capolavori di Hitchcock, uscito nel 1958 e tratto dall’omonimo libro di Thomas Narcejac e Pierre Boileau. Tra i vari riconoscimenti, ha ricevuto due nomination agli Oscar (1959, miglior sonoro e migliore scenografia) e una da parte del Directors Guild of America (1959, miglior regista); inoltre, nel 1998, è stato inserito dall’American Film Institute al sessantunesimo posto nella classifica delle migliori cento pellicole statunitensi di tutti i tempi.
Ambientato nella California degli anni cinquanta, si apre presentando il protagonista John Ferguson, avvocato e poliziotto. Dopo un incidente avvenuto durante un inseguimento, per lo shock subìto, John (magistralmente interpretato da James Stuart) inizia a soffrire di acrofobia; la paura del vuoto e delle altezze lo spinge a dimettersi dalla polizia, quando un amico di vecchia data gli propone l’incarico di sorvegliare la bellissima moglie Madeleine. Quest’ultima (interpretata dall’attrice Kim Novak), infatti, ha iniziato a comportarsi in modo molto strano e inusuale: si assenta quasi in uno stato di trance e visita ripetutamente alcuni luoghi, connessi con la vita di un’enigmatica donna del passato, senza poi ricordare di averlo fatto. Madeleine sembra essere avvolta in un oscuro, incomprensibile mistero che oltrepassa i confini del tempo, tanto da collocarsi al limite tra realtà e fantasia. Questo alone di mistero ci accompagna durante tutta la visione, svelandosi a poco a poco e contribuendo a creare il tipico clima di suspense che ha reso famoso Alfred Hitchcock. John, ormai innamorato di Madeleine, cerca di aiutarla e di far luce sull’enigma che si cela dietro i suoi strani comportamenti, in un crescendo di trepidazione che mantiene sempre sull’attenti. Il protagonista si troverà a dover proteggere la moglie dell’amico anche dalla sua stessa volontà, ma qualcosa di fondamentale importanza sfugge al suo intuito sopraffino, forse perché accecato dall’amore per lei...
Madeleine: Perché mi segue? John: Perché sono responsabile di lei, ormai. I cinesi dicono che dopo aver salvato la vita di una persona, uno si impegna a proteggere quella persona per sempre
Il film contiene, dunque, una carica emotiva notevole ed è in grado di lasciare di stucco qualsiasi pubblico, anche se sono ormai trascorsi 63 anni dalla prima a San Francisco. Alfred Hitchcock intraprende un viaggio all’insegna della scoperta dell’inconscio, della psiche umana e dei sentimenti più reconditi, vestendo lo spettatore dei panni dell’ex poliziotto. In un’elettrizzante successione di colpi di scena, il regista esplora alcuni temi caratteristici, tra cui il limite tra amore ed ossessione, l’attaccamento di John a un passato perduto e il morboso tentativo di riprodurne i dettagli nel presente. Con raffinatissima cura per le inquadrature e per i dettagli, ci invita a spogliarci dei nostri pensieri per immergersi in un’appassionante, intrigante esperienza visiva, dall’evoluzione e dal finale del tutto inaspettati.
John: C'è un'ultima cosa che devo fare e poi sarò libero dal passato...
Commenti