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Immagine del redattoreMartina Romeo

STORIA DEL CINEMA IN PILLOLE: ANNI 60, Per un pugno di dollari.

Oggi, continuando la nostra rubrica “Storia del cinema in pillole” e proseguendo sempre sugli anni ’60, parleremo di quello che può essere definito un classico del cinema “Per un pugno di dollari”.

La storia di questo film è partita tutta da un ulteriore pellicola cinematografica, Yojimbo (La Sfida del Samurai) di Akira Kurosawa, vista da Sergio Leone non appena uscita. Quest’ultimo ne rimase talmente affascinato che decise di realizzarne una trasposizione in chiave western dalla durata di novantanove minuti, uscito poi due anni dopo il precedente, nel 1963. Aneddoto conosciuto è che i produttori del film giapponese riuscirono a vincere la causa per farsi pagare i diritti d’autore ma, nonostante ciò, Sergio Leone, riuscì ad imporsi nei mercati internazionali grazie al suo stile registico, al contempo ironico, violento (novità per il genere) ed epico. Il film ebbe un successo tale da avere addirittura un sequel, Per qualche dollaro in più, più riuscito, per molti, rispetto al precedente.

La trama è tanto breve, quanto complessa. Nonostante ciò, senza dare nessuna anticipazione particolare, è possibile dare un’indicazione generale di ciò che succede: a San Miguel, divisa dalla guerra tra due famiglie per ottenere il monopolio del contrabbando di alcol ed armi, giunge un misterioso pistolero, ingaggiato poi da una delle due fazioni solo per fare il doppio gioco e mettere uno contro l’altro.


Se pensiamo al successo ottenuto dal film, mai avremmo pensato che il budget per lo stesso fosse bassissimo: stando a tutti coloro che lavoravano al film, l’impressione era sempre quella di essere costretti a tirare la cinghia il più possibile, rimanendo sempre nel bilico di dover chiudere tutto, rimanendo sempre in bilico. Insomma, noi italiani sappiamo sempre come complicarci le cose. Ma quando tutto sembra iniziare a prendere una piega ancora peggiore, successe il miracolo.


Per un pugno di dollari, in pochissimo tempo, entrò nella storia, divenendo un esempio per tutte le generazioni successive di una nuova idea di un genere apparentemente in declino. Esso diventa infatti il primo film di questo tipo ad essere entrato prima nel cuore degli italiani, per poi arrivare in quello degli americani. Tutto ciò fu possibile, soprattutto, grazie all’interpretazione di un giovane Clint Eastwood, il quale affascinò subito il deviata con la lentezza e la “pigrizia” che l’attore trasmetteva sullo schermo. L’incontro tra Eastwood e Leone è ancora nella leggenda, proprio perché nessuno dei due parlava la lingua dell’altro e la comunicazione tra i due riusciva ad esserci soltanto attraverso interpreti. Ma Sergio Leone si affezionò talmente tanto al ragazzo da fare di tutto per renderlo il perfetto protagonista western: poncho, ampio cappello e, tocco di classe, sigaro toscano.

Spostando lo sguardo verso gli altri attori, due cose saltano, solitamente, subito all’occhio: il realismo dei personaggi e, cosa che ha creato non poche polemiche, l’assenza di donne. L’assenza di un personaggio femminile rilevante è una mancanza che gli americani non avrebbero mai potuto concepire: questi ultimi, infatti, avevano la tendenza di inserire la donna quasi a forza all’interno della storia, facendo quasi divenire il suo personaggio non poco fastidioso per lo spettatore. Sergio Leone era sempre stato a conoscenza dell’importanza che le donne avevano nei Western, personaggi sempre stereotipati e spesso semplici aggiunte casuali alla trama. Così, in questo film, i due personaggi femminili (Consuelo Baxter e Consuelo) si allineano nello sfondo, al loro stesso livello, non entrano in scena solo per far vivere ad uno dei personaggi principali una storia d’amore. In questo caso, quindi, sono “solo” funzionali alla trama.


Ma il punto fondamentale di questo film, così come per tutti quelli diretti da Sergio Leone, sono le inquadrature: venne utilizzando un formato piuttosto atipico per quel genere, il cosiddetto “italian shot”, consistente in uno zoom sulla scena fino ad arrivare a coprire quasi tutto lo schermo con il volto in dettaglio. Dettaglio che permise di sottolineare l’importanza degli sguardi nelle scene tipiche del genere Western, soprattutto durante i duelli.

Parlando di questo film, non possiamo certo ignorare il contributo che le musiche di Ennio Morricone diedero a determinate scene, aggiungendo un certo tono mitico ed epico nella maggior parte delle scene.

L’ effetto d’insieme è stato incredibile. Effetto non tanto diverso da quello provato dopo ogni visione del film, nonostante le innumerevoli volte che una persona possa vedere il film. Tutti quei minimi dettagli inseriti da Sergio Leone permettono di farci capire, fin dai primi minuti, quanto sia immenso il suo talento comunicativo. Attraverso le musiche ed i silenzi. Gli sguardi e le battute epiche. Il sangue e le lacrime.



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