top of page

THE OFFICE: LA STRUGGENTE COMICITÀ DELLA REALTÀ

nestiemanuele

- C’è molta bellezza nelle cose ordinarie, non è questo il punto? - -Pam Beesly, stagione 9 episodio 25


Nel Marzo di 16 anni fa andava in onda l’episodio pilota di una delle migliori serie tv americane: The Office. Iniziata nel 2005 e terminata nel 2013, The Office è una di quelle serie che è diventata un cult nel mondo delle sitcom, tanto che è impossibile non aver mai visto un meme o una gif tratti da una delle sue scene (il più famoso tra tutti è l’iconico grido “Parkour!” detto da Steve Carrell nelle vesti del monumentale personaggio di Michael Scott). Lo show, creato da Ricky Gervais e Greg Daniels, è un esempio di resilienza televisiva, avendo inizialmente subito forti critiche per il suo umorismo scorretto, rischiando di essere addirittura cancellata dopo la prima stagione. Ma si sa, i tempi cambiano e dopo aver addolcito il boss Michael Scott (nella prima stagione era considerato troppo al limite del politically correct), la serie ha iniziato ad essere enormemente apprezzata dal pubblico al punto di aver ricevuto 163 nomination e vincere ben 30 premi; nel 2020 è stata il titolo più visto su qualsiasi servizio di streaming. Dotata di una comicità innovativa, ha fatto da madre per numerose altre produzioni (tra cui l’italiana di grande successo Boris) ed è stata apprezzata anche da grandi artisti, come per esempio Billie EIlish, che ha affermato di averla vista per ben 15 volte, e Post Malone, che addirittura cita Michael Scott in un verso di “Candy Paint”.

Nella storia, ambientata nel branch aziendale di Scranton, ogni personaggio ha la sua particolarità che lo contraddistingue: si passa dalla dolcezza di Jim e Pam (John Kransiski e Jenna Fischer) agli strambi ma impossibili da non amare Dwight Schrute e Michael Scott (Rainn Wilson e Steve Carrell), fino ad arrivare alla sociopatia di Creed Bratton ed alla inettitudine ingenua di Kevin e Toby (Brian Baumgartner e Paul Lieberstein). Remake americano dell’omonima serie inglese (anche se stavolta l’allievo ha superato il maestro), è stata registrata senza risate aggiunte e con la tecnica del finto documentario chiamata mockumentary, facendo interagire i personaggi in maniera stretta ed intima con lo spettatore, diventando parte integrante della quotidianità di chi guarda al punto che, dalla seconda stagione in poi, è impossibile non pensare almeno una volta al giorno a loro; questa capacità di familiarizzazione con lo spettatore è garantito sia dagli scrittori, che hanno realizzato in maniera capillare il copione, ma anche dalla grande tecnica dell’improvvisazione, gestita a meraviglia da Steve Carrell (Michael) e Rainn Wilson (Dwight). L’essenza di questa serie la possiamo però trovare nelle opere di Pam: la sua vena artistica si manifesta nelle raffigurazioni di oggetti di uso comune, dalla spillatrice al telefono, che ricordano lo sconcertante realismo dello scrittore Giuseppe Verga, poiché sono gli oggetti che usiamo ogni giorno che ci ricordano, tramite il loro utilizzo, che siamo vivi. Non credete però che la serie sia costituita solo da risate e vendite commerciali: vi aspettano anche alcuni colpi bassi che metteranno alla prova la vostra emotività, ma sui quali non voglio rivelare nulla; The Office infatti va vista e rivista (preferibilmente in lingua originale), e questa recensione è solo un caloroso invito ad iniziare a guardare l’episodio 1 della stagione 1, “The Pilot”. Allora, che aspettate?


Emanuele Nesti


Post recenti

Mostra tutti

Fahrenheit 451

Tramite la collaborazione tra l'associazione "Csx" Firenze e il teatro cinema La Compagnia, in via Camillo Cavour a Firenze, lunedì 13...

Comments


bottom of page