Oltre ad essere uno dei temi più caldi degli ultimi anni, tanto da rientrare negli scopi dell’ “Agenda 2030 per lo Sviluppo Sostenibile”, piano d’azione sottoscritto dai governi dei paesi membri dell’ONU, la parità di genere è una lacuna di molte società’ legate ad una struttura patriarcale. Le differenze tra donna e uomo, purtroppo, sono ancora radicate nel pensiero di molti e chi nega o ignora l’esistenza di una diffusa ideologia maschilista è tanto colpevole quanto chi la sostiene. A conferma dell’esistenza delle disuguaglianze di genere, arrivano in nostro soccorso alcuni dati statistici, tra cui il Global Gender Gap, indicatore, attivo dal 2006, che misura le disparità tra i due sessi in 153 nazioni. Questo indice si basa su 4 parametri (lavoro e partecipazione economica, istruzione, salute, partecipazione politica) che vanno a formare una classifica, con in testa la nazione con maggiore equità, in fondo quella con più “gap” da colmare tra le opportunità offerte all’uomo e quelle offerte alla donna. L’Italia, nel ranking relativo al 2019, si trova al 76esimo posto (nella fattispecie è 55esima per educazione, 44esima per politica, mentre è addirittura 118esima e 125esima rispettivamente per sanità e lavoro). E in generale, secondo le stime, ci vorranno almeno 100 anni per colmare il gender gap nel mondo. Tuttavia tale classifica non tiene conto di un altro settore importante nella costruzione di una società, nella formazione di un individuo e del suo inserimento in un collettivo: lo sport.
D’altro canto lo sport, oltre a mero esercizio fisico ed elogio delle prestazioni agonistiche di un atleta, come ci viene insegnato fin dai primi anni di vita non può prescindere da una corretta disciplina, rispetto per le regole e per l’avversario, condivisione e gioco di squadra (nel caso ovviamente di attività di gruppo). Lo sport è, in fin dei conti, una palestra di vita, luogo di sviluppo della propria identità e della consapevolezza di sé. Pertanto questo grande marchingegno non può più tacere di fronte alla disparità di genere a cui stiamo tuttora assistendo. Diverse istituzioni sottolineano con forza la necessità di adottare una politica di parità. La Carta Olimpica, ad esempio, afferma che tutti dovrebbero avere la stessa possibilità di praticare sport, senza alcun tipo di discriminazione. Ciononostante, l'ambiente sportivo può essere ricco di pregiudizi, diventando un contesto non inclusivo.
C’È MOLTO DA MIGLIORARE
Ad oggi, le atlete hanno ancora una copertura mediatica significativamente inferiore e diversa rispetto agli uomini. Invero i media presentano una suddivisione delle discipline in prettamente maschili (come il calcio e l’hockey su ghiaccio) e femminili ( Ginnastica e pattinaggio artistico), il che rende più difficile rompere le tradizionali barriere di genere.
Molte atlete sono accettate dalla società e ricevono attenzione solo se partecipano a sport tradizionalmente femminili. Se una donna osa partecipare a uno sport maschile, la sua sessualità viene ancora oggi messa in discussione. I mezzi di comunicazione inoltre tendono a ignorare i risultati atletici delle donne concentrandosi sul loro aspetto fisico (a discapito del gesto tecnico, come spesso avviene nel beach volley), sulle vite private, sulla femminilità. Ciò può avere ripercussioni non indifferenti sulle sportive, che si trovano a fare i conti con bulimia, insoddisfazione del proprio aspetto e una tendenza alla magrezza. Inoltre gli sport “rosa” sono presentati come meno eccitanti e più lenti di quelli maschili e i media non fanno altro che contribuire a consolidare questa credenza non offrendo alle gare femminili sufficiente copertura (meno del 10%), riducendo al minimo la frequenza di visione soprattutto televisiva.
MA QUALCOSA SI MUOVE
Per quanto riguarda le competizioni pare comunque che sia in atto una rivoluzione che investe i piani d’azione sia delle federazioni sportive nazionali sia del Comitato Olimpico Internazionale: obiettivo primario è appunto l’equilibrio tra sessi. Da sempre manifestazioni di un certo calibro come le Olimpiadi hanno accompagnato l’emancipazione e l’affermazione delle donne nel panorama sportivo.
Nella storia dei Giochi olimpici il numero delle donne è andato pian piano crescendo, fino, in proiezione, a una perfetta uguaglianza di genere nei protagonisti, con lo stesso numero di atleti maschi e femmine. Ciò sarà raggiunto per la prima volta alle Olimpiadi di Parigi 2024.
DALLE PRIME DONNE ALLE OLIMPIADI FINO A PARIGI 2024, PASSANDO PER TOKYO 2020
Nell’Antica Grecia, ai primi Giochi olimpici della storia, nel 776 a.C., le donne non poterono partecipare alle gare, neanche come spettatrici.
Nemmeno nella prima Olimpiade tenutasi in epoca moderna, nel 1896 ad Atene, fu permessa la partecipazione femminile, poiché si voleva rispettare la tradizione classica con atleti rigorosamente di sesso maschile. Quattro anni dopo, tuttavia, nell’edizione a cinque cerchi di Parigi, per la prima volta le donne furono ammesse alle gare e poterono sfidarsi in discipline come tennis, golf, vela e croquet. La prima ad aggiudicarsi un titolo olimpico fu la svizzera Hélène de Pourtalès, nella competizione di vela a squadre, il 22 maggio 1900. In casa Italia, invece, l’oro arrivò alle Olimpiadi di Berlino 1936, grazie a Ondina Valla negli 80 metri a ostacoli.
Una svolta decisiva avvenne ai Giochi di Città del Messico del 1968, quando l’adesione delle donne raggiunse il 12%. Col passare degli anni la presenza femminile ha continuato ad aumentare: le atlete erano poco più del 23% a Los Angeles nel 1984, il 45% a Rio 2016.
Come detto in precedenza, bisognerà aspettare le Olimpiadi francesi per acciuffare la parità assoluta dei sessi, per altro già testata in campo internazionale, nelle ultime due edizioni delle Olimpiadi Giovanili (quelle estive di Buenos Aires 2018 e le invernali di Losanna 2020). A Tokyo 2020 (così si chiameranno i prossimi Giochi, che hanno mantenuto quindi il nome originario, nonostante la posticipazione di un anno dovuto alla pandemia) assisteremo a una quota rosa maggiore, che si attesterà al 48,8%, grazie alla crescita di eventi a genere misto, per poi toccare, nel 2024, il 50% di donne sul totale degli atleti, attraverso la sostituzione di eventi esistenti con nuove gare di interesse femminile. In particolare, tra le novità proposte dal CIO, si evidenziano
1 evento misto nell’atletica leggera, probabilmente una staffetta che sostituirà la marcia maschile 50 km (per intendersi la gara in cui vinse l’oro Alex Schwarzer, di cui si è tornati a parlare nelle scorse settimane per la questione doping, a Pechino 2008), distanza percorsa dalle donne solo due volte ai Mondiali (nel 2017, con sole 7 partecipanti, e nel 2019, con 23 atlete);
1 nuova classe di peso femminile nel pugilato, al posto di una maschile;
3 eventi misti nella vela che rimpiazzeranno finn maschile, 470 maschile e femminile.
PECHINO 2022
Anche nelle discipline invernali si sta consumando una strutturazione del settore rosa: dopo anni di circuiti minori, nella combinata nordica è nata finalmente la Coppa del mondo femminile e in sport come snowboard cross, biathlon, slittino, short track si sono aggiunti eventi a genere misto.
In occasione delle prossime olimpiadi invernali, che si terranno in terra cinese nel 2022, la percentuale di atlete aumenterà dal 41 al 45,44%. Il Pattinaggio di Velocità si unirà alle Federazioni internazionali di Biathlon e Curling per raggiungere l'uguaglianza di genere nei loro programmi olimpici, mentre le federazioni di Bob e Skeleton, Hockey, Slittino e Sci hanno aumentato le iscrizioni in campo femminile. Oltre che nelle rassegne mondiali, alcuni format dinamici di squadre miste faranno capolino anche nell’evento a cinque cerchi, come la gara mista di salto con gli sci, la staffetta mista nello snowboard cross e nello short track, gli aerials a squadre miste nello sci freestyle. Si ipotizza comunque che l’uguaglianza dei due sessi possa essere raggiunta ufficialmente anche nell’ambito della neve e del ghiaccio in occasione delle Olimpiadi di Milano-Cortina 2026.
La strada percorsa dal Comitato Olimpico Internazionale, dunque, è evidente, spianata verso il traguardo dell’equilibrio tra donne e uomini. E guai a chi dice che lo sport è solo maschile. Per credere, leggere il palmares di queste super atlete: Federica Pellegrini, Novella Calligaris, Valentina Vezzali, Deborah Compagnoni, Manuela Di Centa, Stefania Belmondo, Dorothea Wierer, Sara Simeoni, Arianna Fontana, Carolina Kostner, Michela Moioli, Maria Canins, Josefa Idem, Alessandra Sensini, Tania Cagnotto, Antonella Bellugi, Fiona May... loro sono solo alcune delle icone dello sport (e per giunta italiano) attuale e passato... figurarsi quante sono le “wonder woman” a livello mondiale! E non sono di certo meno rispetto ai “superman” sportivi: giusto per ribadire che lo sport (e anche la vita) è nobile per tutti, azzurro o rosa che sia! Ma questa battaglia non appartiene solo alle sportive: anche noi spettatori siamo chiamati ad agire e a ribellarci al maschilismo sportivo propinato dai mezzi di comunicazione, affinché la parità di genere, quando sarà conquistata sul campo da gioco, possa affermarsi e prendere il proprio spazio anche nella vita di tutti.
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