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Crociate vecchie e nuove

Esattamente 925 anni fa, il 27 novembre del 1095, l'Europa cristiana veniva sconvolta dall'appello di Clermont. Ora, cosa fu questo appello? Fu un discorso tenuto dall'allora papa Urbano II a una folla oceanica di popolani della città di Clermont, nella regione francese dell'Alvernia. Perché dovrebbe interessarci? Forse che ci riguarda in qualche modo? Beh questo è in effetti un po' più complicato da stabilire, ma io penso che oggi, 27 novembre 2020, ricordare il discorso di Clermont ci possa aiutare a inquadrare meglio alcuni eventi della contemporaneità.

Sarebbe legittimo chiedersi come può qualcosa accaduto quasi mille fa avere conseguenze ancora oggi. Per capirlo è necessario scendere un po' più nel dettaglio, andare a vedere nello specifico cosa disse Urbano II quel fatidico giorno... e qui casca l'asino, come si suol dire, perché il problema è proprio questo: noi non sappiamo con sicurezza cosa disse il papa agli abitanti di Clermont.


Black Lives Matter

Del suo discorso ci sono infatti pervenute cinque versioni differenti e contrastanti. Tuttavia se anche rimane il dubbio sulle sue parole, sappiamo con certezza quale fu la conseguenza del discorso: l'inizio delle crociate. Avete capito bene, a Clermont papa Urbano II aizzò la folla contro gli infedeli determinando lo scoppio di quella che lo storico e giornalista Arrigo Petacco definiva “la guerra dei mille anni”: il conflitto, non ancora sedato, fra cristiani e musulmani, fra Occidente e Oriente.


Un tratto del muro fra Stati Uniti e Messico

Capite ora perché ricordare quel discorso di 925 anni fa è necessario in un periodo segnato da un rigurgito di conflittualità a sfondo religioso? C'è un filo sottile che lega Urbano II a Samuel Paty e Clermont all'estremismo islamico; come se le crociate, cominciate nel 1096 e finite quasi due secoli dopo, fossero ancora presenti nel nostro immaginario collettivo; come se quei duecento anni di lotta armata avessero seminato il vento e noi, un millennio dopo, stessimo ancora raccogliendo la tempesta. Anche presupponendo che le guerre di religione siano retaggio di uno scomodo passato retrogrado, tuttavia converrete che nella nostra società cosiddetta progredita permanga un alto tasso di discriminazione e intolleranza: Black Lives Matter, muri col Messico, Willy Monteiro, razzismo, omo-trans fobia, dibattiti sui migranti, dibattiti sull'Islam (tanto per mettere tutto in uno stesso calderone, forse a torto). Se non è tempesta tutto questo, non so cosa lo sia.

In tutto questo però va data qualche attenuante a Urbano II, perché forse lui non intendeva seminare così tanto vento. Come ho detto, infatti, non sappiamo con sicurezza cosa egli disse quel giorno, poiché sono state tramandate versioni diverse del discorso. C'è anche chi sostiene che nel suo appello il papa non si riferisse a una vera e propria guerra di conquista, ma a un “pellegrinaggio in armi”, un viaggio senza scopi violenti, portato avanti da pellegrini devoti che però non dovessero stare inermi bensì pronti a difendersi dagli eventuali aggressori musulmani. Del resto Urbano II era stato spinto a parlare così da una lettera dell'imperatore romano d'Oriente, il quale chiedeva aiuto contro la violenza dei turchi Selgiuchidi che si stavano avvicinando a Costantinopoli: la lettera era scritta con toni esageratamente (e volutamente) apocalittici nel descrivere la ferocia di questi turchi, finendo così per creare un'eccessiva preoccupazione in Occidente.

In definitiva si può pensare che la minaccia musulmana sia stata sopravvalutata, tuttavia il timore di questa, unito a interessi economici (come quelli delle repubbliche marinare che non volevano gli islamici nel Mediterraneo) e politici (la volontà del papa di riacquistare prestigio in Oriente dopo la separazione dalla Chiesa ortodossa) portò inevitabilmente a una guerra, la prima crociata, che si concluse solo tre anni dopo coi cristiani che conquistarono Gerusalemme e passarono per le armi tutti gli abitanti indiscriminatamente, fossero essi musulmani, ebrei o perfino cristiani (perché in realtà gli islamici non avevano impedito loro l'ingresso in città).

Da questo si impara che, se anche i turchi erano violenti come li dipingevano, i crociati risposero con almeno altrettanta ferocia. La predica di Urbano II aveva infatti infiammato gli animi, tanto che, riportano le cronache, la gente di Clermont galvanizzata dal discorso sbraitava “Deus le volt!” (“Dio lo vuole”) e molti, aizzati dalla propaganda, imbracciarono le armi e si misero in marcia verso Gerusalemme. Prima ancora della prima crociata, infatti, partirono moltissime bande disorganizzate di civili estremisti in quella che venne definita la “crociata dei poveri” (o dei pezzenti, nella versione meno politically correct). Queste bande si distinsero per la ferocia, tanto che lungo tutto il cammino verso la Terrasanta saccheggiarono villaggi e massacrarono ebrei; in realtà la crociata dei pezzenti non giunse mai a Gerusalemme, poiché, data la sua scarsa preparazione militare, fu sconfitta prima dai Selgiuchidi.

Il Santo Sepolcro

A Gerusalemme ci arrivarono solo i veri crociati (che si chiamavano così per la croce rossa che dipingevano sulla loro casacca bianca), soldati meglio preparati comandati da nobiluomini: pertanto la loro fu chiamata “crociata dei baroni”. Questi capi cristiani, essendo uomini nobili, erano capaci di provare sentimenti sublimi, perciò si narra che, quando ebbero massacrato tutti gli infedeli della città, si riunirono davanti al Santo Sepolcro e cominciarono a piangere di commozione, sentendosi finalmente “degni di Cristo”: bel modo di elevarsi spiritualmente, eh?!

Mi viene da chiedermi, siamo sicuri che un millennio basti per smaltire questo genere di sentimenti? O forse un conflitto plurisecolare lascia dei segni che nemmeno le nostre società odierne, con tutta la loro pretesa secolarizzazione, sono in grado di dimenticare? Non so voi, ma io, alla luce degli avvenimenti degli ultimi anni so per quale ipotesi propendere.

Lo scenario attuale si presenta come modellato da eventi ormai semi-dimenticati, dato ciò non credo sia possibile individuare con chiarezza la parte della ragione e la parte del torto; non si può dire “ha cominciato lui!” perché questo è un modo troppo semplicistico e infantile di dirimere la questione. Dunque non si può nemmeno scaricare tutta la colpa su Urbano II. Del resto non è a questo che serve lo studio della storia: lo storico non è un magistrato che indaga per scoprire chi sia l'assassino (anche perché “l'assassino è sempre il maggiordomo”... ok, scusate la battuta, si fa per sdrammatizzare un po'), lo storico è più un pittore pignolo che si preoccupa di rendere in maniera migliore anche un piccolo dettaglio. Questo articolo non è nato, dunque, per esporre una verità dogmatica, ma piuttosto per aiutare i miei 25 lettori manzoniani (scherzo... magari arrivassi a così tanti!) ad aggiungere un piccolo dettaglio al loro quadro... che dire, spero di averlo fatto.



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