In meno di un mese dalla sua uscita, la nuova serie di Netflix "La Regina degli Scacchi" ha polverizzato record su record, diventando appena qualche ora fa, la serie più vista di sempre sulla piattaforma americana. In Italia, e in altri 61 paesi in tutto il Mondo, è ancora stabilmente al primo posto tra le serie più viste. I numeri difficilmente mentono e qui di seguito proveremo a capire il perché del grandissimo successo de "La Regina degli Scacchi".
IMPORTANTE: L’articolo non contiene spoiler… Forse… No dai, non ce ne sono per davvero
Partiamo col dire che la serie è ispirata all'omonimo romanzo di Walter Tevis, pubblicato del 1983. Anche se molti dei tratti delle due storie sono diverse, la trama della serie rispetta a grandi linee quella della carta stampata, finale compreso. Per quanto affascinante potesse essere, la storia non è realmente esistita, nonostante alcuni passi della storia ricalcano quelli della biografia di Tevis.
La protagonista della storia è Beth Armon, splendidamente interpretata da Anya Taylor-Joy. Un personaggio del quale si assiste in prima persona alla crescita e alla trasformazione: da bambina chiusa e introversa a ragazza affascinante e misteriosa, fino a diventare donna con la D maiuscola. Figura fissa, ricorrente, martellante che però non stanca. Raccontata in ogni minimo dettaglio del suo carattere, Beth riesce a provocare in chi guarda un’empatia totale, difficile da rendere tale nei soli sette episodi nella quale la serie è divisa.
Nonostante la miniserie sia ambientata a cavallo tra gli anni ’50 e gli anni ’60, nella vicenda si trattano temi tanto importanti quanto attuali. Uno dei principali è sicuramente quello della solitudine. Fin da piccola Beth si trova orfana di genitori e per questo cresce in un orfanotrofio dove, grazie al custode del posto, impara a giocare a scacchi. Una volta uscita dall’istituto, tra un'adozione voluta a metà, amori non corrisposti e altri tristi episodi la giovane Beth si trova sempre più sola con se stessa. I suoi grandi, inseparabili e ossessionati amici sono gli scacchi, grazie ai quali riesce anche a fare le poche conoscenze che ha.
La solitudine porta a sviluppare durante la narrazione un altro importante tema che accompagnerà la protagonista lungo tutta la serie: quello delle dipendenze. Nel periodo in orfanotrofio infatti, a Beth vengono somministrati psicofarmaci tranquillanti, dai quali diventa ben presto dipendente. Le pasticche però la aiutano anche a sviluppare le sue incredibili doti da giocatrice di scacchi, dei quali diventa ben presto un prodigio. Cresce e di mezzo ci si mette anche l’alcool, amico fidato della madre adottiva, che rischia di far cadere la protagonista in un pericoloso baratro depressivo.
Per chiudere il trittico di macro-temi trattati (anche se le sfaccettature della trama sono molte di più), quello della lotta al mondo profondamente maschilista che caratterizza in primo piano il mondo degli scacchi e sullo sfondo il periodo della Guerra Fredda. La protagonista si mostrerà caparbia nell’affrontare un ambiente che si presenta fin dall’inizio ostile e inesplorato dalla categoria femminile. Di questo tema, ne ha parlato anche la nostra Martina Romei nel suo "Scacco matto... e la Regina?"
Il minimo comune multiplo sono sempre gli scacchi, gioco che incastra intelligenza, velocità e freddezza dei giocatori. La serie di partite giocate da Beth sono presentate non come una noiosa successione, ma come un percorso che affascina e attrae e, anche nei momenti di gioco stessi, l’attenzione dello spettatore rimane alta nonostante la diffusa ignoranza in materia. La serie insomma, non ti fa pesare il fatto che di scacchi non ci capisci niente.
La trama si presenta abbastanza lineare, seppur drammatica e senza troppi colpi di scena. La magia della serie sta in una fantastica regia di Scott Franck e Allan Scott che riesce sempre a tenerti incollato allo schermo, nella profondità dei personaggi trattati e nella bravura degli attori a rendere al meglio i loro singoli caratteri e aspetti psicologici.
Seconda stagione sì/no? Il finale coincide con quello del romanzo di Tevis, ma la stessa Anya Taylor-Joy ha lasciato le porte aperte a un proseguo indipendente della Serie TV ammettendo: “Mai dire mai. Il personaggio mi è piaciuto tantissimo e se me lo chiedessero tornerei subito nei sui panni. Ma credo sia stato un bel finale per Beth”. Insomma, se il mistero della trama non bastasse… Una serie che ha stupito e che continua a stupire. E se non l’avete ancora vista, spero di avervi messo la curiosità giusta per cominciare a farlo.
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